Dalle origini ad oggi pensando al futuro: le bottiglie di Gaspare Buscemi

Gaspare Buscemi
Gaspare Buscemi con le bottiglie degustate

Classe ’39, centinaia di vinificazioni alle spalle, Gaspare Buscemi è una delle memorie storiche viventi della vitienologia nazionale.
Gaspare è un concentrato di sapienza, spontaneità, intelligenza pratica e di un’esperienza acquisita sul campo, anzi sui campi delle più svariate zone vitivinicole, non solo italiane.
Un uomo coraggioso, genuino, di una purezza che reca il segno di una fedeltà ad un ideale, quasi un sogno, perseguito per un’intera vita: umanizzare l’enologia.
Per lui, il vignaiolo va preso per mano e accompagnato in un cammino di crescita e di consapevolezza delle proprie valenze, così come la vite, che è una pianta eclettica, versatile, capace di farsi carico di eventuali errori del vignaiolo distratto, o dell’inclemenza del tempo e che, se la sai ascoltare, ti suggerisce il modo di salvaguardarla.
Come un Don Chisciotte enoico ha combattuto contro i mulini a vento del sistema vitienologico che, con le loro pale dissennate, hanno dilaniato e dilaniano la cultura del vino fatta di genuinità, dignità, fierezza, orgoglio, bellezza, frantumandola in un cumulo di bruttezze.
È uno di quelli che non mollano mai perché continua a lottare ancora oggi, superata la soglia degli ottant’anni, con la stessa passione nata sui banchi della Scuola Enologica di Conegliano quando, di anni, ne aveva sedici, tirando dritto per non darla vinta a un sistema che non lo rappresenta, certo della giustezza del proprio credo.
Ed è anche uno che vede i limiti solo come punti di partenza per nuove sfide da affrontare, giorno dopo giorno, consapevole che il destino te lo devi costruire così come vuole la tua ragione. E la tua coscienza.
Nel suo cammino di crescita applica quotidianamente uno dei principi fondamentali appreso negli anni giovanili, tra le fila degli scout: il servizio a favore degli altri.
Di qui lo slancio che lo porterà a farsi paladino delle Condotte, ovvero un Servizio di Assistenza Tecnica Vitivinicola rivolto a piccoli produttori di vino per migliorarne le condizioni di lavoro.
L’idea, nata dalla mente di Luigi Veronelli, trova in Gaspare la sua più completa attuazione.
A bordo del suo pick-up Peugeot 206, corre le più svariate zone vitivinicole venendo in aiuto a coloro che sono la vera anima enoica: vignaioli, contadini, agricoltori, persone con storie piene di coraggio e volontà, tutti accomunati dalla passione di fare il vino e desiderosi di farlo bene, nel migliore dei modi, per accendere le luci sul loro lavoro, la loro terra, la loro faccia.
Di queste luci, Gaspare ha contribuito ad accenderne a centinaia, alleviando la fatica che da sempre accompagna la vita in vigna e quelle terre, in cui è arrivato coi suoi insegnamenti, pur continuando a chiedere il sacrificio di un lavoro durissimo, hanno cominciato a dare delle certezze.
Cesare Pillon, proprio per la sua lungimiranza nel vedere le potenzialità del progetto delle Condotte, lo definì l‘insolito profeta del vino, capace di tradurre in pratica quell’idea concretizzandola, agli inizi degli anni ’80, a Carema.
Ma soprattutto Gaspare è il maestro della vinificazione, del controllo ossidativo  e dell’incanto evolutivo dei Vini senza Tempo (Gaspare Buscemi e i Vini senza Tempo” di Maria Cristina Pugnetti, in Le degustazioni, nel suo blog, Vini dell’Anima).
La sua sfida più grande è proprio quella di misurarsi col tempo perché tanti sono i rischi ma, a volte, enormi le gratificazioni.
Il concetto di tempo, nelle sue bottiglie, si esalta, si eleva, si fortifica, manifestandosi in note ossidative prive di contaminazioni che si fondono armonicamente per dare complessità ed eleganza al vino: una bellezza folgorante seppur ambigua perché legata ad un compromesso estremo quanto arcano come quello con l’inganno dell’ossigeno.
Il vino è un elemento vivente che cambia e si trasforma in continuazione nel tempo.
C’è il tempo fuori della bottiglia e quello dentro: la conservazione e l’evoluzione, ovvero due aspetti di un’unica accezione che si contrappongono per mettere alla prova il vino e saggiarne l’energia, il calore, la forza, la vitalità.

Gaspare ha affrontato questa sfida del tempo, vincendola, con le sue creature più prodigiose, che lui chiama Vini d’Artigianato per essere stati prodotti esprimendo la terra nella maniera più naturale possibile: senza trattamenti chimici, senza escamotage tecnologici, senza il ricorso a sostanze estranee al patrimonio qualitativo delle uve e con un uso limitato, o addirittura azzerato, di anidride solforosa; insomma vini le cui caratteristiche non sono replicabili attraverso gli artifici industriali.
Sono vini fatti senza fretta e, proprio come la natura che non ama la fretta, si svelano lentamente.
La sintesi del pensiero di Gaspare è: “Quando il vino è cultura, il tempo è la misura della qualità”.
Ancor più che vini naturali, sono vini animali, vini con un’anima dentro, fatta di territorio-ambiente, etica alimentare ma soprattutto di cultura: la cultura del tempo.
Gaspare è il vignaiolo che oltre ad accompagnare la vite e i suoi frutti verso l’esito più istintivo e naturale possibile senza intervenire né manipolare, col suo ingegno instaura una relazione di gratitudine con ciò che ottiene per far riaffiorare la memoria energetica, l’anima enoica, appunto.
Un miracolo che avviene garantendo la massima longevità di questi vini che, sgravati da tutte le componenti soggette a degradazione, si mantengono intatti e inalterati per anni.
Una bottiglia di vino ha una sua vita in costante evoluzione fino alla completa perfezione, al culmine, all’apogeo da cui comincia la sua inesorabile decadenza: Gaspare spinge questo apice sempre più in là.
Nella sua bottiglieria, un magazzino delle emozioni, una bottega dei misteri e dei prodigi (“Trilogia Goriziana. Gaspare Buscemi, l’Archimede Pitagorico del vino” di Emanuele Giannone, in Intravino del 12/07/2013) ovvero un reparto di cantina in cui tiene in serbo le vecchie bottiglie (prevalentemente di vini bianchi),  riposano e si conservano nelle migliori condizioni prodotti straordinari che vanno sotto i nomi di Alture (a partire dall’annata 2002), Braide (dal 2002), Perle d’Uva (dal 1989; ma ci sono ancora bottiglie di questa tipologia, del 1987, etichettate come RiBolla), Riserve Massime (dal 1987), Le Mie Ossidazioni (dal 1988).
Un viaggio in taluni casi lungo anche più di cinquant’anni, (Collio Pinot Bianco Riserva 1970, vigne in Dragarska di Oslavia, di Carlo Drufovka, imbottigliato da Gaspare) fatto da vini bianchi, vini dall’anima possente, indissolubile, che si svelano nel bicchiere orgogliosi di raccontare territori spesso maltrattati, dimostrando come sia possibile sottrarsi all’iniquità umana grazie alla scienza e alla coscienza di chi li ha ottenuti.
Vini che sono espressione di un grande lavoro artigianale.
Basta berli questi vini, per coglierne la straordinaria personalità, avvertire l’armonia del gusto, percepire l’energia naturale che riconduce al cuore della terra da cui hanno avuto origine, capire che anche l’ossidazione, che è inevitabile a causa della permeabilità all’aria del tappo, conferisce qualità al vino stesso ma, forse, Gaspare avrebbe qualcosa da obiettare perché, anziché dire bere questi vini, riterrebbe più giusto dire bere queste bottiglie, che per lui sono il contenitore ideale, scelto per l’affinamento, chiuso col tappo di sughero.
Se è vero che ogni bottiglia di vino racconta una storia, una vita, queste raccontano una grande storia e una grande vita.

Sabato 5 giugno scorso, in uno spazio della sua cantina a Zegla (Zegla in friulano, Ceglo in sloveno, frazione di Cormons, con circa una ventina di abitanti, ultimo fazzoletto di terra italiana prima del confine), Gaspare Buscemi ha messo in scena una dimostrazione pratica di come le sue bottiglie non temano il confronto con vini altrettanto grandi e di come affermino fieramente le potenzialità dell’invecchiamento.
All’evento intitolato “Dalle origini a oggi pensando al futuro. Degustazione critica e propositiva di bottiglie del Collio e del Friuli Venezia Giulia ma non solo, prodotte da Gaspare Buscemi a partire dal 1968“, hanno partecipato una dozzina di giornalisti enogastronomici o meglio di fortunati eletti che la sorte ha trasformato in protagonisti di un evento unico nel suo genere: un’extrema ratio di grandi bottiglie, alcune delle quali veri e propri pezzi unici.

Ribolla BuscemiRiBolla IGT, frizzante naturale Venezia Giulia, spumato in bottiglia. Autunno 1987, 11,5% vol.
È “spumato in bottiglia”, perché la spuma viene prodotta dalla fermentazione in bottiglia degli zuccheri delle uve e non da zuccheri aggiunti e pertanto può essere imbottigliato solo durante la vendemmia o immediatamente dopo.
Il vino così ottenuto, ha una bassa aggressività carbonica ed è cremoso ed equilibrato.
La bottiglia ha il tappo di sughero intero ancorato dal tappo metallico per non privare il vino degli importanti apporti del sughero (non falsato da collanti) e per consentirgli un’evoluzione di tipo riduttivo.
RiBolla sta a indicare che le uve di Ribolla gialla hanno costituito buona parte dell’uvaggio.

Perle d'UvaPerle d’Uva IGT, frizzante naturale Venezia Giulia, spumato in bottiglia. Autunno 2004, sboccato luglio 2020, 12% vol.
Il Ribolla è diventato Perle d’Uva in quanto si tratta di una cuvée delle due annate che precedono quella dell’imbottigliamento, utilizzata per fornire gli zuccheri necessari alla rifermentazione in bottiglia.
Le uve impiegate sono pertanto almeno di tre annate e di diverse varietà; Pinot, Sauvignon Blanc (non aromatico), Friulano, Ribolla Gialla, Malvasia Istriana, Verduzzo Friulano.
La valenza più importante di queste bottiglie è il tempo: sia quello che trascorre dal riempimento della bottiglia alla sua sboccatura per eliminare il deposito lasciato dalla fermentazione (non meno di 4 anni), sia quello che trascorre dalla sboccatura al consumo (che varia da pochi mesi a molti anni).

Collio Pinot Bianco Riserva 1970Collio Pinot Bianco Riserva 1970, vigne in Dragarska di Oslavia, di Carlo Drufovka, 13,70% vol.
Collio Merlot Riserva 1968, vigne in Dragarska di Oslavia, di Carlo Drufovka, 13,30% vol.
Entrambi questi due vini fanno parte del progetto Vendeme Furlane.
Il 10 gennaio 1973, Gaspare fonda un’azienda, a Valerisce di San Floriano del Collio, che ha come oggetto sociale “l’attività di servizi enologici, assistenza tecnica alla produzione, ricerca e promozione di mercato” (dal 1976 ha sede nell’attuale struttura di Cormons).
Un’azienda che cresce fino al punto di imbottigliare quasi un milione di bottiglie, tutte vinificate presso le cantine delle diverse aziende con cui collabora.
Collio Merlot Riserva 1968 BuscemiDi lì partono i servizi per un gran numero di vitivinicoltori, oltre trenta, da ogni parte del Collio, e nel ’74 prende vita Vendeme Furlane per commercializzare i loro vini. Su Panorama del 2 ottobre 1975, nella sua rubrica “Il Buon Vino”, Luigi Veronelli scrive:” Gaspare Buscemi, enotecnico giovane (di età e di idee)… S’è messo di buzzo buono: aiuta i vignaioli del suo Collio, terra favolosa di vini, dai lavori di vigna ai raccolti, alle vinificazioni; ha fatto l’impianto di imbottigliamento “in conto terzi”; ha creato, addirittura, un’agile azienda (significativo il nome: vendeme furlane, vendemmia friulana), che i vini poi li commerci. Eccole, qui sul tavolo del mio assaggio, le privilegiate bottiglie Li elenco con gioia: Cabernet 1974, Merlot 1974 e Pinot bianco 1974, tutt’e tre cru Trebes di Oslavia, del vignaiuolo Silvano Bensa, Tocai 1974 e Malvasia 1974, l’una e l’altro cru Roncus di Capriva del Friuli… Cabernet 1974 e Merlot 1974 cru Dragarska di Oslavia, del vignaiuolo Carlo Drufovka. Imbottigliatore Gaspare Buscemi, Valerisce 13, 34070 San Floriano del Collio (Gorizia)”.

Erbaluce del Canavese 1981Erbaluce del Canavese 1981, vigna Colombaio, di Pachiè di Candia, 12% vol.
Colombaio di Candia 1990 DOC, Erbaluce di Caluso, di Pachiè di Candia, 12% vol.
La vigna Colombaio occupa uno sperone collinare che si protende in dolce declivio verso il lago di Candia, ad un’altitudine di 260 metri s.l.m..
Il terreno è di natura morenica, sassoso, ricco di sabbie e limi.
Il vitigno coltivato è l’Erbaluce, nel tradizionale allevamento a “pergola canavesana”, anticamente denominata “alteno”.
Gia nel XIV secolo il Colombaio, il cui nome ricorda l’antica stazione di colombi viaggiatori, era dei Conti Valperga di Candia, dai quali discende l’attuale proprietario Massimo Luigi Pachiè di Candia e Castiglione.
L’utilizzazione delle uve di Erbaluce per la produzione del vino bianco, secco e tranquillo, si è diffusa solo alla fine degli anni ’50.
Colombaio di Candia 1990Fino ad allora queste uve, capaci di conservarsi per molto tempo, erano consumate come uve da tavola fino alla primavera successiva, quando le rimanenti venivano diraspate a mano e poi torchiate per ottenere il mosto del “passito” (sempre dopo San Giuseppe).
Il Colombaio di Candia, Erbaluce di Caluso DOC, nasce nel 1982 con una vinificazione di valutazione del potenziale qualitativo delle uve, fatta nella cantina di vinificazione naturale di Zegla.
Con un’acidità totale quasi sempre di poco superiore al 5% e con la morbidezza conseguenti alla fermentazione malolattica, questo vino è stato fuori legge per anni, marchiato di scarsa tipicità.
Il disciplinare di produzione prevedeva infatti un’acidità totale minima del 7%, poi ridotta, dagli stessi “esperti”, al 6% e finalmente, ma non da molti anni, al 5%, sulla scia del Colombaio.
Nonostante l’allevamento a pergola, la resa di produzione del vigneto raramente arriva al 50% di quanto consente il disciplinare di produzione e questo, unitamente ad una lavorazione di cantina strettamente artigianale e naturale, è il primo segreto di una qualità unica, la cui personalità è sempre riconoscibile e capace di evolvere positivamente, in bottiglia, per anni.

Esperienze Bianco 1986, da uve Trebbiano della Val di Chiana, dell’Azienda Agricola Le Maestrelle di Pietraia di Cortona (Arezzo), 13% vol.
Esperienze Rosso 1986, Chianti Classico Tognana, da uve Sangiovese, 13,5% vol.
Esperienze Rosso 1987, IGT Venezia Giulia, da uve Merlot e Cabernet,  (Riserva Massima), 10,0% vol.
Esperienze Rosso 1986, Carema, NoLegno, da uve Nebbiolo, Cantina Produttori Nebbiolo di Carema, 12,5% vol.

Quattro vini Buscemi

Gli Esperienze sono vini di viticoltori ai quali Gaspare fornisce l’assistenza tecnica e servizi di cantina.
Anche questi vini sono ottenuti artigianalmente e sono pertanto Vini d’Artigianato: vini non modificati nei loro valori originari e non standardizzati da ripetibili, tecnologie industriali, vini di grande sanità alimentare, capaci di reggere gli anni e di crescere qualitativamente nel tempo perché fatti a mano secondo le regole dell’alta qualità.
Nascono infatti da uve raccolte e lavorate in condizioni di massima freschezza e sanità e i mosti ottenuti si trasformano attraverso processi naturali di fermentazione perché avviati e condotti naturalmente, solo fornendo le condizioni ambientali necessarie al loro compimento e completamento.
Ogni etichetta racconta la storia del vino che è unico, perché gli Esperienze nascono da una necessità di valutazione e ricerca.
Tutti gli Esperienze, già a partire dalle prime bottiglie del 1986 e fino al 1987, hanno mostrato una grande potenzialità qualitativa, ancora più elevata in quelle del 1988, portate ad un livello di Ossidazione Estrema.
A partire dalla vendemmia 2009, gli Esperienze vengono prodotti in assenza di anidride solforosa aggiunta.
Gran parte degli Esperienze, oggi disponibili per la vendita, superano i 20 anni di bottiglia: sono la dimostrazione della qualità del lavoro basato sull’ enologia naturale.

Alture Rosso 2014Alture Rosso 2014, naturalmente classica IGT Venezia Giulia, da uve Merlot di vigne vecchie, 13,5% vol.
Alture Bianco 2018, naturalmente classica IGT Venezia Giulia, Pinot Bianco e Ribolla,  13,5% vol.
Una delle informazioni fondamentali che il consumatore dovrebbe avere, secondo Buscemi, è la natura dei terreni dai quali provengono le uve.
Con Alture indica i vini che vengono da uve di vigneti di collina (alture appunto).
Con Braide, quelli prodotti con uve di pianura (dal termine friulano braida, ovvero l’appezzamento in piano, normalmente recintato, posto accanto alle abitazioni).
Alture è l’immagine che distingue i vini più significativi della viticoltura di qualità, collinare, nella sua produzione.
Alture Bianco 2018Le alture giuliane e friulane, e particolarmente quelle tra loro confinanti, che costituiscono il Collio Goriziano ed i Colli Orientali del Friuli, da sempre sono conosciute per la particolare vocazione viticola e per la qualità delle uve su esse prodotte.
Dai vigneti di queste alture collinari provengono le uve che danno origine ad Alture, Bianco e Rosso.
Uve scelte anno per anno tra quelle dei vitigni tradizionalmente coltivati, e quindi da lungo acclimatati, in proporzioni diverse, per ottimizzare la diversità delle annate e poter disporre così, sempre, di quelle migliori.
Le varietà che particolarmente concorrono alla produzione dell’Alture Bianco sono il Pinot Bianco e il Friulano (ex Tocai friulano), mentre per l’Alture Rosso sono utilizzate quelle del Merlot, quasi in purezza.

Carema 1984Carema 1984 DOC, Cantina Produttori Nebbiolo di Carema, 13% vol.
Cesare Pillon si esprime così sull’esperienza di Gaspare a Carema: ”Il balzo di qualità compiuto dal vino della Cantina Sociale Produttori e la creazione di un grande rosso, il Carema di Carema, hanno segnato la traccia del passaggio di Buscemi in quel paesino del Piemonte. […] e i rapporti stretti allora con alcuni produttori hanno consentito a Buscemi di realizzare alcuni vini memorabili come il Colombaio riserva di Massimo Pachiè, un Erbaluce di straordinario rilievo, e il Solativo di Luigi Ferrando” (Cesare Pillon, Chi siamo, su l’Etichetta, del marzo 1991).

Tre vini BuscemiIl Debbio 2001, Colli Bolognesi, Fattorie di Montechiaro di Sasso Marconi, da uve Pinot Nero e Sangiovese, 13,5% vol.
Montechiaro 2000, Colli Bolognesi, Fattorie di Montechiaro di Sasso Marconi, 13,5% vol.
Derivano da vinificazioni fatte da Gaspare presso le Fattorie di Montechiaro a Sasso Marconi. Sono dei campioni di un numero limitatissimo di bottiglie messe da parte per “saggiare” lo stato di conservazione del vino a distanza di anni. Entrambi i campioni, dopo venti e ventuno anni, sembrano vivere ancora un loro sviluppo, sostenuto da una notevole acidità.
Ossidazione Estrema 1988 IGT, Venezia Giulia Verduzzo Friulano, 12% vol.
Ossidazione Estrema 1988 fa parte della collezione di vecchie bottiglie di vini bianchi chiamata da Gaspare “Le Mie Ossidazioni” che nasce da una selezione di bottiglie di Riserva Massima e di altre, in riserva da oltre dieci anni, per venire incontro alle richieste di un sempre maggior numero di appassionati di vino che dimostrano di apprezzare le molteplici espressioni dell’ossidazione.
Il “Mie” sta a rivendicare il risultato, non comune, ottenuto da Gaspare grazie a un lavoro finalizzato all’ottenimento di vini di grande qualità e longevità.
“Ossidazioni”, in quanto l’evoluzione è certamente ossidativa, pur realizzandosi esclusivamente in bottiglia.
Oltre a questo Verduzzo Friulano del 1988, fanno parte della collezione anche l’ IGT Venezia Giulia (da uve Verduzzo Friulano) e il Collio Pinot Bianco 1994.

Tutte le 16 bottiglie degustate erano in stato di conservazione perfetta, anche quelle di oltre cinquant’anni. Lo stesso dicasi per i tappi: tutti perfetti e integri.
I vini, compresi quelli di più lungo invecchiamento, hanno mostrato una notevole resistenza all’ossidazione e una notevole qualità.
La descrizione di bottiglie come queste, utilizzando il linguaggio del vino dei sommelier, basato solo su colore, profumo e gusto, sarebbe estremamente riduttiva anche perché ad opera di un singolo individuo, soggetto a condizionamenti di varia natura e pertanto mi astengo dal farla, nel suo complesso, con un’unica eccezione: l’Ossidazione Estrema 1988, che è stata per me un’autentica folgorazione.
A partire dal colore ambrato brillante che evoca l’oro satinato dei fondi oro nelle tavole del Beato Angelico o nell’Annunciazione di Simone Martini dove il massimo dell’opulenza aurea si compendia con la semplicità dirompente dell’annuncio.
Una specie di luce trascendente, che mi ha accompagnato nell’immersione nell’oro liquido, illuminandomi la vita.
Un miracolo della natura che si è manifestato nel bicchiere, col profumo croccante della buccia del chinotto, del fiore di zafferano, di quello teso e affilato della polpa dellitchi, la fragranza di dattero, l’aroma intrigante dell’Amolo Goriziano (Prunela), ovvero le susine che i contadini del Collio fanno essiccare sui graticci di vimini dopo averle sbucciate, per poi imbottirle con una mandorla o una mezza noce o una foglietta di salvia.
Cerco l’ossidazione ma non c’è, nemmeno sotto forma di suggestione!
C’è “l’odore della terra, odor di grano”, come in “Impressioni di settembre” della Premiata, una fragranza terrosa come la sua storia.
In bocca, un recesso di soave acidità svela la propensione ad un’ulteriore evoluzione. E miele e cera d’api, come dentro a un’alveare.
Riannusando il bicchiere vuoto, tra effluvi d’incenso, è rimasta un’albicocca secca grattugiata e impastata con olio essenziale di ginepro.
La vita è bella!

 Gaspare Buscemi
Loc. Zegla, 1bis – 34071 – Cormons (GO)