L’eredità di Maga Lino

 

 

  

 

 

 Broni, 2 gennaio 2021.
Lino Maga anzi Maga Lino, il Signor Barbacarlo, se n’è andato nelle vigne del cielo. Ma per tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo non se ne andrà mai del tutto.
Ha spiccato il volo nella notte di Capodanno e la notizia è stata data il 2 gennaio. La stessa data in cui è morto Fausto Coppi.
Due grandi aironi che ci hanno fatto volare con le loro inimitabili vittorie e i loro inimitabili vini. Che hanno camminato le stesse terre e respirato la stessa aria (Castellania-Coppi dista da Broni  meno di 40 chilometri in linea d’aria), che hanno condiviso l’amicizia con un grande cultore della vita e della vite come Gioàn Brera, che hanno lasciato il segno per essere dei campioni anche nella vita.
Un grande amico di Lino, Walter Massa, il 24 agosto scorso, alla festa per il suo novantesimo compleanno, ha detto che i suoi primi novant’anni sono stati fondamentali per gli ultimi novant’anni del vino italiano.
Lino è diventato il leggendario vignaiolo che è per le battaglie fatte in nome dell’orgoglio barbacarlesco e appartiene a buon diritto all’esclusivo club dei grandi profeti del vino come Bartolo Mascarello del “Barolo del cuore”, Giovanni  Battista Columbu della “Malvasia di Bosa”, Josko Gravner della Ribolla in anfore interrate, Pino Ratto del Dolcetto “Gli Scarsi”, Stefano Bellotti il Pasolini degli agricoltori, Salvatore Murana del passito “Creato”.
Lino Maga come tanti grandi del suo calibro ha saputo imporre al vino la propria personalità, ha aperto nuove strade, rotto equilibri acquisiti, diventando lui stesso il suo vino.
Questa è la sua testimonianza: “Io ho lavorato e lavoro giorno dopo giorno tra campagna, cantina e prima anche nella stalla.
Ora guardo le viti vecchie rimaste che con i miei avi ho sempre curato e gioisco perché abbiamo vissuto insieme dopo averle viste nascere e crescere sulle nostre terre delle colline di Broni.
Quando sono nel vigneto mi sembra di aver tutto quello che mi serve.
Anche se la terra è povera, ti dà da mangiare: torniamo alla terra, godiamoci i suoi frutti.
Mi auguro che ci sia un ritorno alla terra, perché tutto viene dalla terra.
La vita è una corsa a ostacoli, che ci impegna a resistere e se non ti fermi prima arrivi al traguardo.
La cosa più importante è amare il lavoro e poi curare il prossimo e gli umili che soffrono in silenzio.
Ogni uomo ha la sua impronta digitale, non siamo tutti uguali ma dobbiamo amarci l’un l’altro.
Purtroppo la vita si esprime quando fugge.
Ne rimarrà la terra e chi di lei ne farà tesoro.
La terra è la madre di tutti noi e ha bisogno di rispetto se si vuole che ritornino gli uccelli, le rane, i rospi, i ramarri, le rondini…
Penso al mio lavoro e a tutti quei viticoltori come me che si sono logorati nell’aspettativa del risultato finale, vendemmia dopo vendemmia.
Credo sia stato Veronelli a dire che in fondo a ogni bicchiere c’è un volto di donna.
Ecco, io vorrei che tutti vedessero un volto di donna in fondo ad ogni bicchiere di Barbacarlo”.