Alla corte di re Barbacarlo, re contadino.
Lino Maga nel cortile della sua cantina
Lino Maga, anzi Maga Lino (perché, come diceva lui, nella parlata dialettale prima viene il cognome e poi il nome, ma anche perché Maga Lino fa rima con “vino genuino” come diceva Gioàn Brera) era un giovane del ’31 che ha fatto 84 vendemmie. Era ed è l’anima dell’Oltrepo Pavese, un patrimonio inestimabile di una terra un po’ scontrosa ma generosa e sincera e il faro che la illumina da decenni.
E’ un contadino che amava la terra e la sua terra, quella delle colline di Broni e come i contadini era di poche parole. I suoi ritmi erano compassati, proprio come quelli della natura che non ama la fretta e i suoi racconti intercalati da lunghi silenzi che ti preparavano all’emozione della parola che si rivelava sempre dirompente e spesso con una sottile vena d’amarezza.
Saresti stato delle ore a sentire la sua parlata calma e flemmatica, con l’immancabile MS (pacchetto giallo) perennemente accesa che avvolgeva con il suo fumo le luci e le ombre di un’esistenza battagliata.
Era un uomo buono, sapiente, coraggioso, appassionato, di una purezza quasi infantile che recava il segno di una fedeltà a un ideale anzi a un sogno, perseguito per un’intera vita, che si chiama Barbacarlo.
Il Barbacarlo è un grande vino. E quando si pensa ad un grande vino ti vengono in mente subito il Barolo, il Barbaresco, l’Amarone, il Brunello o i grandi bordolesi.
Il Barbacarlo è altrettanto grande ma con una particolarità in più. Mentre di Baroli, di Barbareschi, di Brunelli ecc. ce ne sono tanti, di Barbacarlo ce n’è uno solo e si fa in un unico cru, su una collina di Broni che si chiama appunto Barbacarlo.
Un pezzo di terra donato da un certo Maga Carlo ai nipoti. I nipoti, quando andarono a registrare l’atto di donazione dal notaio, vollero chiamare quel pezzo di terra col nome dello zio Carlo e siccome zio in dialetto si diceva barba, diventò la collina di Barbacarlo.
Dal 1886 il vino che si fa con le uve di quella collina si chiama Barbacarlo.
Il Barbacarlo è un grande vino, basti pensare che nel luglio 2015, in occasione della festa per i 50 anni dalla fondazione dell’AIS, ne è stato il protagonista assoluto. Durante i tre giorni di festa, ci sono state degustazioni, assaggi, verticali dei migliori vini del mondo e la verticale che ha chiuso i tre giorni di festa, il gran finale riservato a soli 100 tra i migliori sommelier del mondo è stata fatta con 6 annate di Barbacarlo.
Walter Massa, il fautore del Timorasso, grande vignaiolo dei Colli Tortonesi e amico di Lino, dice che fare un grande vino è come fare un gol all’incrocio dei pali: il Barbacarlo è un gol all’incrocio dei pali in rovesciata!
Maga Lino e il Barbacarlo sono le stesse facce di un’unica medaglia. Infatti ha chiamato la sua azienda “Azienda Agricola Barbacarlo”.
Non sono tanti i viticoltori che possono permettersi di chiamare la propria azienda col nome del proprio vino.
Su Maga Lino e il Barbacarlo hanno scritto pagine di giornali e libri, scrittori e giornalisti famosi come Francesco Arrigoni, Sandro Sangiorgi, Claudio Rinaldi, Alessandro Masnaghetti, Enzo Vizzari, Alessandro Franceschini, Andrea Grignaffini, Massimo Zanichelli, Paolo Massobrio, Marco Gatti, Daniel Thomases, Antonio Piccinardi, Pier Luigi Gorgoni, Armando Castagno, Flavio Colutta, Gian Arturo Rota, Cesare Pillon, Giulio Signori (capo della redazione sportiva de “Il Giorno”, che ha lavorato a lungo con Gianni Brera e del quale è stato fedele amico) e Franco Rognone editorialista della “Provincia Pavese”.
Le più importanti enoteche nazionali si sono contese le varie annate di Barbacarlo: l’Enoteca Pinchiorri e l’Enoteca Internazionale De Rham di Firenze, l’Enoteca Paissa di Torino, l’Enoteca Trimani, l’Enoteca Lucantoni, l’Enoteca Costantini, l’Enoteca Manzoni, l’Enoteca Ruzoni, tutte di Roma, l’Enoteca l’Approdo di Palermo, Maria Luisa Ronchi di Milano e l’enoteca Bolis-Gaviglio-Solci con varie sedi in Italia.
E anche i grandi ristoranti tra cui il Cipriani di Venezia, il Savini, il Biffi Scala e Peck, di Milano, hanno messo nella loro carta dei vini il Barbacarlo.
Molte persone illustri sono venute a Broni per bere il Barbacarlo in compagnia del suo fautore.
I primi, anche a riconoscerne la grandezza, sono stati i suoi amici fraterni Gianni Brera e Gino Veronelli. Poi Ferrer Manuelli, chef romagnolo ma savonese d’adozione, detto “oste di prua” per le sue creazioni di pesce (cucinava anche per Soraya, la consorte dello scià di Persia), Gioacchino Palestro della Corte dell’Oca di Mortara, Carlo Petrini alias Carlìn, il cardiologo Achille Venco, il professor Elio Guido Rondanelli (direttore della clinica malattie infettive che per prima ha isolato in Italia il virus dell’Hiv), il professor Ebbli (radiologo di fama) e Mario Viganò, cardiochirurgo pioniere del trapianto del cuore in Italia, che al pranzo di nozze di sua figlia fece servire solo Barbacarlo.
E Gerry Scotti, Cesare Cadeo, Anna Identici, Antonella Moro, Mike Bongiorno, Erminio Macario, Carlo Dapporto, Gianfranco d’Angelo, Lorenzo Cherubini alias Jovanotti e Luciano Tajoli (che quando veniva a trovare Lino gli portava il suo Montecarlo).
E poi Alberto Lupo, Gino Bramieri, Renzo Palmer, Aldo Fabrizi e Ave Ninchi.
Anche molti personaggi del mondo dello sport hanno brindato ai loro successi col Barbacarlo. Tra questi Giacinto Facchetti e Mariolino Corso della grande Inter, Pietro Anastasi e Gianni Rivera (che arrivava in cantina sempre accompagnato da Padre Eligio).
Ed Evgenij Berzin, lo zar del Giro d’Italia, Maurizio Fondriest, vincitore della Coppa del Mondo di ciclismo nel 1991 e 1993, Francesco Moser, recordman dell’ora a Città del Messico nell’’84 e Gianni Minà, che ha commentato le loro grandi imprese.
E il presidente del Ferrari club Milano, Enzo Dell’Orto, che ha abbondantemente annaffiato di Barbacarlo numerosi raduni delle mitiche, Gigi Rovati, presidente della Motonautica RC, che per otto anni ha stappato Barbacarlo per festeggiare Renato Molinari otto volte campione del mondo.
Molti gli estimatori del Barbacarlo anche nel mondo della politica: l’onorevole Fortunato Bianchi, pavese, deputato alla Camera, lo portò al Quirinale dal presidente Sandro Pertini. E Pertini, dopo averlo assaggiato, lo ordinava telefonando personalmente a Lino.
Lo bevevano anche il Presidente Giuseppe Saragat, Giovanni Marcora di Inveruno, nome di battaglia Albertino, Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste, Mariano Rumor, altro Ministro dell’Agricoltura, Fermo Martinazzoli detto Mino, di Orzinuovi (più volte Ministro della Repubblica e poi Senatore), Giulio Andreotti, Roberto Formigoni e Silvio Berlusconi.
A portarlo al Presidente della Regione Lombardia e al Cavaliere era l’onorevole Gian Carlo Abelli, bronese.
E poi i Governatori della Banca d’Italia Antonio Fazio, Paolo Baffi e Carlo Azeglio Ciampi (che ha continuato a berlo anche da Presidente della Repubblica), Giuseppe Brusasca, monferrino, il cui nome è iscritto a Yad Vashem tra i “giusti tra le nazioni “ per la sua azione a favore degli ebrei durante l’olocausto, Luciano Lama, il grande sindacalista, politico e storico segretario della CGIL.
Anche a Giorgio Napolitano piaceva il Barbacarlo: era andato anche lui personalmente in cantina dal Lino per conoscerlo, con Giovanni Bellinzona, il “senatore rosso” di Voghera, Napoleone Colajanni, Cedrelli e altri senatori del suo gruppo.
Grazie al suo amico e convinto sostenitore spirituale, don Angelo Beccaria, Lino, con il Barbacarlo, arrivò anche in Vaticano. Monsignor Beccaria era uno studioso delle Scritture e spesso veniva chiamato a Roma nel periodo in cui sul soglio di Pietro c’era papa Montini. Quando andava a Roma monsignor Beccaria portava con sé un cartone di Barbacarlo e sulla mensa di Paolo VI c’era il vino di Lino.
Anche il Cardinal Agostino Casaroli e il Cardinal Ersilio Tonini, entrambi piacentini, lo bevevano.
Sono rimaste affascinate dal Barbacarlo anche donne stupende come Ornella Muti, Laura Antonelli, Maria Teresa Ruta, Gloria Paul, Michelle Hunziker, Sherrita Duran, Corinne Clery e Barbara Bouchet. Tutte hanno voluto brindare insieme a Lino nella sua storica cantina.
Maga Lino è uno dei pochi casi al mondo di antropovinizzazione, cioè di perfetta identificazione di un uomo con un vino.
La sua è stata una rivoluzione colturale e culturale insieme, perché il vino è cultura.
E’ forse anche per questo che un uomo di cultura come Vittorio Sgarbi, il 12 aprile 2019 in occasione del gemellaggio Broni-Ferrara, nel 770° anniversario della morte di San Contardo d’Este, patrono di Broni, è rimasto fino alle due di notte a bere cultura, ovvero Barbacarlo, alla corte del re della cultura contadina.