Mentre si sta approssimando la sera Claudio Bisi mi porta sul crinale della sua collina.
Da qui comincia a parlarmi del territorio che si stende sotto i nostri occhi, dominato da una distesa di vigne che, come sottovesti di rete, lasciano intravedere il colore della terra sottostante.
Uomini e donne di molte generazioni hanno dato vita e mantenuto miracolosamente integro questo paesaggio di rara bellezza e resto lì incantato e quasi ammutolito a sentire Claudio che, incurante dello spettacolo, mi parla di quello che c’è sotto, di come si sono formati i colori, dell’argilla, del calcare, del Miocene in cui, geologicamente ha avuto origine questo straordinario affresco e di come, se ti metti a scavare un po’ più a fondo, rischi di imbatterti ancora in reperti fossili lasciati lì in seguito al ritiro delle acque padane.

Claudio e suo cugino Emilio hanno ereditato queste terre dai loro padri e, proprio come i loro padri, hanno curvato le loro schiene alla cura della vite, nella nebbia o sotto il sole.
Ma questo modo di approcciarsi alla terra non è più sufficiente se, veramente, vuoi fare un vino che oltre ad essere sincero sia sempre più espressione del territorio da cui si origina.
Ecco allora che le vigne vengono catalogate da esperti (professori dell’Università di Pavia e della Bicocca) che studiano le piante e il loro habitat senza tralasciare i microrganismi coinvolti nella protezione delle stesse da stress ambientali e patogeni, fino alla selezione della microflora ideale per ogni particella.

Claudio Bisi e la sua terra

 

Mentre Claudio parla, il sole scende dietro le colline all’orizzonte e spegne i rossi, i gialli, i neri, i sabbiosi, incendiandoli di un rosso uguale a quello del suo Calonga (pinot nero, uve raccolte a mano in cassetta con attenta selezione dei grappoli; macerazione sulle bucce, in tini d’acciaio; affinamento per 15 mesi in barrique), dal profumo di lampone, ribes e mora.
Uno spettacolo della natura così straordinario che non ti capaciti si stia rappresentando sotto i tuoi occhi, sul palco dell’Oltrepo Pavese.
L’Unesco non si è ancora accorto di quanto sia bella questa terra, perché altrimenti l’avrebbe inserita nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Mentre sullo sfondo il Calonga si trasforma prima nel rubino carico del Roncolongo (Barbera in purezza da uve raccolte a mano in cassetta perfettamente sane, a maturazione completa e dopo una lunga macerazione sulle bucce, il vino viene affinato in barrique nuove per circa 15 mesi) e poi nella porpora del Pramattone (Croatina in purezza da uve raccolte a mano in cassetta a maturazione avanzata e dopo una lunga maturazione sulle bucce, il vino fa un breve periodo di passaggio in legno), entriamo in cantina.
Non è più la cantina storica di Villa Marrone dove sono nati i primi gioielli enologici dei due grandi fratelli Bisi, ma un luogo nuovo e moderno in cui si coniugano l’intraprendenza contadina e la lungimiranza imprenditoriale dei due cugini eredi.
In questa nuova e moderna cantina le uve vengono lavorate in un ambiente salubre, con metodologie poco invasive.
Claudio, prima mi fa assaggiare il La Grà, ottenuto da uve Riesling Renano in purezza, raccolte a mano in cassetta, spillandolo, con nonchalance, direttamente dalla vasca in cui è contenuto. Il vino ha un bel colore giallo paglierino con riflessi verdognoli. Gli intensi sentori di frutta ti arrivano al naso insieme alla salvia e al timo e in bocca manifesta spiccata personalità e notevole persistenza.
 Poi mi porta nella barricaia dove riposano le riserve di Barbera Roncolongo, il Pinot Nero Calonga e l’Ultrapadum.

L’Ultrapadum è un rifermentato in bottiglia da Barbera e Croatina.
La rifermentazione in bottiglia è il metodo ancestrale, più antico dell’Oltrepo Pavese, che prevede l’imbottigliamento del vino con un residuo zuccherino che finisce di fermentare in bottiglia, formando una spuma naturale.
Ancora oggi grandi vini oltre padani come il Barbacarlo di Lino Maga e l’Ultrapadum sono fatti così.
Per l’Ultrapadum le uve Barbera e Croatina vengono raccolte e vinificate separatamente e, solo successivamente, i vini sono uniti e messi in bottiglia per la rifermentazione naturale.
Il vino è integro e naturale, non avendo subito nessuna pratica enologica atta a modificarne le caratteristiche originali.

Nella barricaia, tra le tante barrique, ce n’è una, una sola, di un prodotto straordinario che, da solo, vale la visita a San Damiano al Colle: il Villa Marone Malvasia Passita.
Le uve Malvasia di Candia 100% raccolte a mano, appassiscono naturalmente nelle cassette per circa 90 giorni e, dopo una pressatura soffice, il mosto decantato viene messo in barrique per la fermentazione che si arresta naturalmente.
Poi viene affinato nel legno sulle proprie fecce di fermentazione.
L’Azienda Agricola Bisi è a San Damiano al Colle, poco distante dall’antica dogana che demarca il confine Piacentino, ma ancora in Oltrepo Pavese, una terra a forma di grappolo di vite, dove si raccoglie il 75% dell’intera produzione nazionale di Pinot Nero che, nonostante l’impegno, la passione, il talento e l’intuito di viticoltori come i Bisi, continua a stare ai margini del panorama enologico d’elite.
Chissà, forse un giorno, magari neanche troppo lontano, anche l’Oltrepo Pavese riuscirà a guadagnarsi la fama che merita e nel suo cuore verde nasceranno come d’incanto, capannoni, svincoli, tangenziali…
E forse spariranno anche le gazze, come quella che c’è nello stemma della Cantina di Claudio ed Emilio.

“Triste è l’uomo che ama le cose solo quando si allontanano”, direbbe Stefano Benni.

 

 

 


Azienda Agricola Bisi
Località Cascina San Michele
27040 San Damiano al Colle (PV)