Italo Calvino, nel suo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore, scriveva queste righe: “E ogni mercoledì la damigella profumata mi dà un biglietto da cento corone perché la lasci sola col detenuto.
E al giovedì le corone se ne sono già andate in tanta birra.
E quand’è finita l’ora della visita la damigella esce col puzzo della galera sulle sue vesti eleganti; e il detenuto torna in cella col profumo della damigella sui suoi panni da galeotto.
E io resto con l’odore di birra.”
Era il 1979 e, forse, la birra che faceva bere al secondino non era ancora una di quelle dei microbirrifici o dei birrifici artigianali che stanno crescendo in questi ultimi anni.
Basta cercare in rete per scoprire quanto è fiorente questo mondo.
Non sempre le piccole produzioni sono sinonimo di qualità, tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi, si possono trovare ottimi prodotti che contribuendo a diffondere la cultura della birra artigianale provocano non pochi fastidi alle lobby del settore.
Non tanto per la quantità (la quota di mercato delle birre artigianali in Italia si aggira intorno al 3%), bensì per la crescita culturale dei consumatori cui sottende un inevitabile incremento qualitativo della domanda.
E questo genera un grande vantaggio per il consumatore perché l’industria, cercando di accaparrarsi sempre l’immagine dell’artigiano, delle cose fatte bene e del mangiare e del bere giusto, è costretta a migliorarsi elevando la propria qualità.
Fino a qualche tempo fa la domanda era “chiara o scura?” ma, adesso, si può scegliere tra aspra, fruttata, non filtrata, acida, barricata, cruda, amabile, speziata, dissetante ecc.. Ci sono anche birre alla banana, al latte, al pomodoro, al coriandolo, al sesamo, alla castagna, alle fragoline, ai mirtilli, alle pesche, alle ciliegie, ecc., fino alla quinoa! O, addirittura “alla pizza” (pensata per unire in un unico prodotto il più classico abbinamento culinario), con le ostriche (le Stout), al cioccolato (le Kriek), alla noce di palma (Mongozo) o alla Crème Brulée (di Southern Tier).
È un elenco sorprendente ma a stupirsi non saranno i veri talebani della birra che sanno che può accoppiarsi con una gamma infinita di partner, così come può essere utilizzata per una varietà inesauribile di preparazioni culinarie.
Vedasi per tutte la Colomba alla birra di Zago (Prata di Pordenone).
In Italia il fenomeno è iniziato circa vent’anni fa con, fra gli altri, il Birrificio di Lambrate, il Birrificio Italiano di Lurago (Co) e Baladin di Teo Musso, a Piozzo ma numerosi birrifici artigianali erano già presenti in Italia a cavallo tra le due guerre.
Addirittura nel Regno Sabaudo era stato emanato un decreto che intimava ai birrifici fuori le mura di Torino di pagare una tassa per vendere entro le mura della città. Oggi le aziende di questo tipo nel nostro paese sono oltre un migliaio, tutte con una spiccata identità produttiva.
Come sostiene il profeta della birra Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, beer taster e titolare del Kuaska Instituut: “La birra artigianale unica non esiste. Ne esistono tante e differenti; sono il prolungamento della personalità del birraio“.
La nuova tendenza brassicola (da brasserie, luogo di incontro tipico francese per gente di diversa estrazione sociale, accomunata dall’amore per la birra) ha come leitmotiv una grande libertà di espressione, scandita dal fatto che in Italia il fenomeno birra è stato per troppo tempo impantanato nella palude delle birre chiare, ambrate o scure.
Nei micro birrifici, ad un certo punto, si è scatenata la creatività, l’inventiva e anche l’ingegno, sguinzagliato alla ricerca di sapori, aromi e profumi con cui personalizzare le proprie creazioni.
Alcuni tra i birrai più ispirati hanno cominciato a produrre birre con le eccellenze dei loro territori come i chinotti di Savona, le fragole “Profumate” di Tortona, le pesche di Volpedo, le ciliegie, come la Bella di Garbagna o le castagne.
È il caso di Sergio Cristiani del Birrificio Oltrepo la cui birra “Castana” sta ricevendo lusinghieri consensi da parte dei più autorevoli specialisti del settore.
Dopo la medaglia d’argento al concorso Birra dell’Anno, svoltosi in febbraio a Rimini, la Castana si è aggiudicata la medaglia di bronzo al Bruxelles Biere Challenge, che è una specie di campionato mondiale della birra.
La Castana, proprio in casa dei soloni della birra, si è qualificata al terzo posto, tra 26 birre finaliste; è una birra doppio malto di 6,5% di alcol, con miele di castagno dei boschi di Valverde e delle terre dell’Oltrepo Pavese.
È un perfetto bilanciamento tra la dolcezza del miele e il sapore della castagna.
L’aggiunta di luppoli esotici ne esalta la rotondità del sapore, che persiste in bocca con grande lunghezza.
Con Sergio Cristiani lavorano Paola Pogliaghi, Andrea Fantuzzi ed Enzo Arbasino tutti insieme uniti dalla passione di fare un prodotto che, partendo da materie prime di qualità, riesca a ad imporsi per la sua personalità.
Ora l’Oltrepo Pavese non è solo terra di grandi vini ma anche di genuine, buone, grandi birre.
Birrificio Oltrepò Srl
Sede legale : Via Regina Adelaide, 11 – 27100 Pavia