Fattoria Cabanon

Per tutta la domenica d’inizio giugno il sole ha splenduto (parola dell’Accademia della Crusca) sulle colline di Godiasco dove si trova la Fattoria Cabanon.
A ricevermi, nella corte padronale, c’è Elena Mercandelli con suo figlio Gregorio, detto Greg,  “impoianato” (poiana, di nome Nimue, artigliata sul guanto di cuoio a protezione dell’arto) e Giovanni Tinteri, suo marito, “ingufato” (gufo, anzi assiolo, di nome Merlino, tranquillamente appollaiato sulla spalla).

Elena Mercandelli con suo marito Giovanni Tinteri e il figlio Gregorio

I Mercandelli, oltreché di vino, sono appassionati di questi rapaci ormai rari da trovare, che mi vengono presentati come veri e propri componenti della famiglia.
Sto quasi per essere ipnotizzato da un gufo reale che mi fissa coi suoi occhi giallo-oro ma, per fortuna,  è stato appena stappato un Dom Cabanon  Classico Spumante Brut-sur lie, ed ecco che mi ridesto di scatto.
Quando Madame de Pompadour, con in mano un calice di Dom Perignon, lo proclamò  “le seul vin qui rende les femmes belles  mème après qu’elles l’ont bu“, certamente non conosceva queste pregiate bollicine che mi sono servite fresche e frizzanti negli stessi calici, bassi e larghi, in cui si serviva lo champagne nelle corti nobili.
Elena, la gran cerimoniera della casata, non ha sangue blu nelle vene ma  sensibilità e dignità difficili da trovare insieme oggigiorno ed è regina nella sua corte, dove regna sovrano uno spiccato senso dell’ospitalità.
Dopo aver brutalmente (grazie alla generosa dose di brut) lubrificato la mia gola, Giovanni mi conduce attraverso i filari fino alla vigna del cielo,  uno dei punti più alti della collina di Cabanon, da dove  lo sguardo spazia fino alle terre liguri.
Da quassù si posson vedere con un sol colpo d’occhio i 30 ettari vitati e i quasi altrettanti  di boschi  che cingono, come una protezione naturale, le preziose piante allevate biologicamente, preservandole così da contaminazioni con agenti chimici provenienti da trattamenti di viticoltori  confinanti.  

Nella macchia di bosco che attraversiamo, ci imbattiamo in un branco di ungulati che  si spingono fino alla rete di delimitazione per sgranocchiare le noccioline che Giovanni si è portato con se, all’uopo.
Mi descrive questi animali come cinghiali incrociati con i maiali Patanegra (loro cugini iberici) e con i conterranei (quasi consanguinei) di cinta senese. Il risultato più straordinario di questa ammucchiata lo scoprirò solo alla fine della visita, allorchè mi apparirà sottoforma di un salame scuro, morbido, profumato, succulento.
Poi entriamo in cantina a vedere gli impianti di sterilizzazione delle bottiglie (che, se anche arrivano dal fornitore già sterilizzate, vengono risterilizzate) e di imbottigliamento.
Infine passiamo in rassegna le barrique e le grandi botti di legno.
I miei occhi cercano la  mitica  botte 18  che, per prima, ha tenuto nel grembo il cuore di vino cioè il vino cuore (Cabernet Sauvignon O.P. DOC ),  il più divino dei vini Cabanon (con una storia fatta anche di battaglie legali -vinte- contro colossi industriali di fama mondiale, che non volevano che sull’etichetta comparisse il marchio vino cuore) ma con grande rincrescimento scopro che la mitica 18 è andata in pensione pur restando al suo posto vuota ma ancora piena dei suoi “cardiologici” profumi.

La Botte n°18

Al ritorno, sotto il porticato ligneo, mi viene fatta degustare una selezione di diverse annate di Cuore, tutte strepitose.
Poi il mio palato è deliziato da un altro prodotto straordinario di Cabanon, di nome Infernot.
Vengono aperte in successione le annate 2005, 2006 e 2007 di questo Rosso vendemmia tardiva, dei soli grappoli maturati sugli speroni di ogni pianta a bacca rossa e lasciati sui graticci per circa due settimane prima di essere vinificati.
Il naso diventa velluto rosso carminio al contatto con un’armonia di aromi incantevoli e mentre soddisfo anche la gola, i sentori di frutta matura, amarena e nocino mi avvolgono  e diventano  tutt’uno col gusto,   molto intenso e persistente.

Cuoredivino

Ho ancora in bocca  la dolce persistenza infernotica, allorchè Elena  mi accompagna a vedere un piccolo camposanto sul cucuzzolo della collina, dietro la chiesa dedicata a Santa Teresa (di origini francesi).
Pare che, anche il corpo della Santa sia sepolto in quel luogo sotto un cipresso.
Lo spirito di Giovanni Mercandelli, padre di Elena (che ereditava, nei primi anni del ‘900, un piccolo vigneto da suo padre e, filare dopo filare, creava quella che è l’attuale Fattoria Cabanon),  sembra ancora aleggiare su queste terre che ora Gregorio, Elena e Giovanni custodiscono con  la dignità del loro lavoro.

 

 

Fattoria Cabanon
Località Cabanon,  Godiasco (PV)