Giuse Maga il principe contadino erede di re Barbacarlo

L’ingresso della cantina dell’AZIENDA AGRICOLA BARBACARLO COMM. MAGA LINO di MAGA GIUSEPPE

 

Sul robusto cancello di ferro ci sono quattro grandi lettere in corsivo: M A G A.
Una scritta messa li per rivendicare il nome di una famiglia proprietaria fin dal Settecento dell’intera Valle Maga dove tutte le colline erano vitate con i cru più prestigiosi.
C’è un atto notarile, del 1785, che fa risalire la proprietà di questi vigneti della collina Porrei alla famiglia Maga.
I Maga sono vignaioli in Cameliomagus, il borgo collinare che, dalla fine dell’epoca medievale, ha cominciato a chiamarsi Broni.
Prima ancora di essere vignaioli  i Maga sono contadini veraci, attaccati alla terra e alla loro terra.
E questo attaccamento così tenace deriva da un arcaico retaggio, visto che il  loro cognome fa parte integrante dell’antica radice Cameliomagus.
Sia la tradizione che l’etimologia pongono la desinenza magus, degradato da pagus (che sta a indicare un territorio rurale), all’origine del nome della famiglia Maga.
Appena superato il cancello, con la grande scritta M A G A, una strada sterrata ti conduce, attraverso un paesaggio rurale, fino alla nuova cantina dell’Azienda Agricola Barbacarlo Comm. Maga Lino di Maga Giuseppe, che è qui dal 2001.
È il regno di Giuseppe, Giuse per quelli che lo conoscono.
Due ettari di prati; sullo sfondo i tappeti di vigne e intorno un gioco di equilibri in cui si armonizzano paesaggio, natura, terra e tradizione.
Se la reggia di Maga Lino, il Signor Barbacarlo, era via Mazzini, questa è la corte di suo figlio Giuse: il principe contadino.

Giuseppe (Giuse) con Lino nella cantina nuova

 

Il  Giuse, classe ’66 (nato il 19 marzo), ha frequentato le scuole superiori per tre anni a Borgonovo Valtidone nel Piacentino, successivamente l’Istituto Tecnico Agrario per due anni a Piacenza, diplomandosi agrotecnico.
Tutte le mattine si alzava, si vestiva e prendeva il treno delle sei per andare a scuola.
Nei ritagli di tempo dava una mano a suo padre nell’Azienda di famiglia.
A dodici anni guidava già il trattore.

Giuseppe (Giuse) Maga sul trattore  

 

Ora  che Lino è volato nelle vigne del cielo è il Giuse che conduce l’Azienda Barbacarlo, peraltro già intestata a lui fin dal 2005.
Lino aveva camminato sullo stesso sentiero di suo padre Pietro ed ora tocca a Giuse proseguire il cammino   dei Maga.
Ha ricevuto in eredità un dono inestimabile: una conoscenza antica che si tramanda di padre in figlio ininterrottamente.
Vita e vite si fondono.
Per fare vini come il Barbacarlo e il Montebuono ci vuole una sapienza lunga generazioni. È un’arte troppo delicata per poterla trasmettere al di fuori della famiglia senza il pericolo che si svalori.
Per fortuna il Giuse ha trascorso una mezza vita affiancando suo padre in tutti i lavori: “Fin da piccolo mio padre mi voleva sempre al suo fianco per insegnarmi a lavorare in campagna e in cantina. Ho sempre cercato di fare del mio meglio anche se spesso litigavamo a causa dei nostri caratteri entrambi forti e ribelli ma quando vedevo spuntargli un sorriso, molto rararamente, mi sentivo appagato: voleva dire che era contento del mio operato”.
Ora è il futuro dell’Azienda Barbacarlo e il custode della vigna. Come suo padre e suo nonno è un vero contadino e  grazie alla sua contadinità ha un rapporto privilegiato con la terra che non tradisce mai.
Ha imparato da suo padre a non fermarsi alle cose facili ma dedicare molto tempo a quelle difficili e a non mollare mai.
Ha fede in se stesso, nel suo lavoro e nel suo destino di proseguire la tradizione del Barbacarlo, custodirne il tempio, preservandolo dalla profanazione che è sempre in agguato.
La cantina nuova, dove c’è il cancello con la grande scritta M A G A, l’ha quasi tutta costruita con le sue mani e ne è orgoglioso.
C’è tutto lo spazio che serve per il futuro.
Qui i protagonisti sono gli animali del mondo contadino: oche, anitre, galli, galline, conigli, un’asina e cinque cani.
Un’affollata fattoria dove uomini, animali e natura vivono in completa concordia.
Jacopo Sannazzaro lo definirebbe un perfetto esempio di Arcadia.
In questo posto si prova uno straordinario senso di sicurezza, una giuliva convinzione a sbarazzarsi definitivamente degli insensati eccessi consumistici e degli stress loro collegati.
Tutti gli animali vivono e muoiono allo stato brado.
Non sono allevati per fini alimentari ma per compagnia e armonia.
L’amore degli uomini per gli animali non può dare di più!
Giuse ha creato, praticamente da solo, quest’oasi incontaminata appena fuori dall’abitato di Broni, dove il nonno coltivava l’orto, con al centro la nuova cantina ma, una volta entrati qui, si ha l’impressione che il mondo “civilizzato” con le sue macchine, i suoi rumori e i suoi ritmi sia lontano mille miglia.
Respiri la civiltà contadina, l’unica vera, quella che ha resistito nei secoli senza farsi corrompere.
Giuse è un uomo vigoroso con l’effervescenza di idee in testa. È uno spirito ribelle e mirabilmente libero, fiero ed esperto nel suo lavoro.
Assomiglia a Oreste, uno dei tre protagonisti de Il diavolo sulle colline di Cesare Pavese, quello più legato alla civiltà contadina e assomiglia anche molto a suo padre: “Devo solo a lui se ora, nella mia solitudine mi arrangio in tutto. Io non faccio altro che proseguire il  nostro credo. Mio padre, fin quando ci sarò io, vivrà e sarà sempre tra noi”.
Il Barbacarlo e il Montebuono sono in buone mani.
E, forse, anche il Ronchetto con il Giuse  potrebbe rinascere.