Sacrafamilia

E’ un martedì sera di metà aprile.
L’appuntamento è in una casa privata annessa alla concessionaria Piaggio di Viale Brambilla, a Pavia.
E’ una specie di Spa, con grande vasca idromassaggio, sauna, bagno turco, specchi, ripiani, accappatoi e asciugamani.Sono venuto qui con alcuni amici sommelier e ci chiediamo incuriositi se, per caso, non abbiamo sbagliato posto.
Si doveva fare una degustazione di vini e non un bagno!
Invece si farà un bagno.
Un bagno nel fiume di parole che scorrono inesorabili dalla bocca di Giorgio Mercandelli*, dell’Azienda Sacrafamilia di Godiasco (PV).

Giorgio Mercandelli in uno scatto di Lido Vannucchi

Giorgio è un ragazzone alto e robusto, tutto vestito di nero: pantaloni, giacca, dolcevita.
Ha un corpo muscoloso e un atteggiamento da duro ma, appena comincia a parlare, t’accorgi che dentro di sé cela il cuore di un ragazzino desideroso di condividere con gli altri la voglia di vivere ed è capace di trasformare in musica le parole.
Parole pacate, precise, dirette, inequivocabili.
Parole sante, anzi sacrosante, visto che riguardano il Sacrafamilia. Parole che partono da lontano, che esprimono concetti primordiali, anzi li scolpiscono con un’evidenza e un’ovvietà sconcertanti.
Giorgio comincia a parlare alle 20 circa e, ancora intorno a mezza notte, tutti quanti, siamo lì a bocca aperta, quasi annichiliti nel constatare che si stanno sgretolando molte effimere certezze acquisite sui libri o sul campo.
Giorgio ha la vigna nelle vene e il Divino nel sangue e non cela nessuna di queste passioni anzi le esalta, esaltandoci.
La Genesi giorgiana abbraccia uomini, vigne, vini, filosofie riconducendo il vino alla sua funzione primaria, cioè religiosa, fino ad arrivare a dimostrare che il vino dei nostri giorni, considerato solo una bevanda alcolica, deve invece tendere il più possibile a diventare quella complessità di sensazioni inebrianti che aveva alle origini.
Per esprimere meglio tutta una serie di concetti, che potremmo definire sinteticamente “antropofisici”, si serve di una lavagnetta che riempie di disegni e espressioni basilari.
Disegna e cancella con una spugnetta e poi disegna ancora dipanando un nuovo concetto e il discorso fluisce senza intoppi e tutti capiamo quel che sta dicendo perché è tutto semplice, giusto, vero come in effetti dovrebbe essere e, in fondo, siamo anche un po’ spauriti e disorientati.
Tutti capiamo che quel che anima Giorgio è una sorta di filosofia spirituale, applicata al lavoro, con un’immensa fede in Dio e nelle proprie convinzioni (e forze e idee) che ha, al centro di tutto, la natura e la terra (la madre terra) e il rispetto per entrambe.
Ed ecco allora il rifiuto senza compromessi di prodotti chimici che attraverso le radici finiscono nella bacca o antiparassitari che entrano nella polpa dell’acino attraverso la “pelle” (quasi fosse epidermide). Ma come! E la peronospora, la flavescenza, la botrite, l’oidio?, obietta qualcuno.
E la pacata risposta di Giorgio è che le malattie fanno parte della natura e la natura si difende da esse, con i propri mezzi.
In cantina, niente enzimi o lieviti e gli unici solfiti che finiscono nella bottiglia sono quelli naturali.
Anche le tradizionali botti di legno o acciaio sono bandite.
Solo contenitori di una speciale resina di silicio.

Nelle vigne di Sacrafamilia non entrano le macchine ma solo la luce e il prodotto di queste vigne si chiama “vino di luce”, un liquido archetipo che nasce dalla morte del frutto della vite e resuscita attraverso la fermentazione.
Questi vini hanno nomi antichi: Astragalo, Arenico, Aramaico…
L’Aramaico è una lingua semitica ed era parlata da popolazioni stanziatesi in Mesopotamia dove, tra il Tigri e l’Eufrate di scolastica memoria, la vite e la pratica della vinificazione erano già note attorno al 5000 a.C.
Noi abbiamo bevuto l’Astragalo del 2007 e la luce, prima nella nostra bocca, poi nella gola e infine nel cervello si è trasformata in un nettare ricco di concentrazioni complesse e inusitate, capaci di raggiungere lo spirito attraverso la mente.
Qualcuno dei presenti, ancora vittima del proprio retaggio culturale, ha cercato di percepire le sensazioni gustative tipiche dei vini tradizionali ma, fortunatamente, l’ha fatto con discrezione e senza che Giorgio se n’avvedesse, ché ci aveva appena ammoniti che, nel bicchiere, andavano cercate frequenze, vibrazioni, stimoli diversi.

 

*Al momento del nostro incontro, Giorgio fa ancora parte dell’Azienda Sacrafamilia.
Ne uscirà due anni dopo per dar vita a Riluce.
A condurre Sacrafamilia continuerà sua sorella Anna Maria con il marito Domenico Capeto.



Azienda Sacrafamilia
Strada Statale 461, n°30  Godiasco Salice Terme (PV)