I tortellini
La leggenda vuole che, in un imprecisato anno del Duecento, arrivò, presso una locanda di Castelfranco Emilia, una carrozza cha trasportava una seducente nobildonna.
Il locandiere, rapito dalla bellezza dell’ospite, dopo averla accompagnata nella sua stanza restò a spiarla attraverso il buco della serratura.
Appena rimase sola, la dama si spogliò per rinfrescarsi, offrendo inconsapevolmente al locandiere le proprie nudità.
L’uomo non riuscì più a staccare gli occhi dall’ombelico della donna. Folgorato da quella visione si precipitò in cucina dove le donne stavano lavorando la sfoglia e plasmò, con la pasta, la forma che gli era rimasta impressa.
Da abile chef, riempì quei nobili ombelichi di pasta con della carne mista a formaggio, creando una squisita prelibatezza.
Al momento della cena la nobildonna si complimentò col locandiere per la bontà del piatto e gli chiese a chi andasse il merito di tanto piacere.
Sentendosi rispondere: “A vossignoria”, restò perplessa ma appagata nella sua vanità, proprio come ogni femmina degna di questo nome.
Accanto a questa leggenda ce n’è un’altra, che tira in ballo addirittura le divinità mitologiche, raccontata in forma poetica dall’architetto Giuseppe Ceri, che fondò e diresse il giornale satirico “La Striglia”. Nel suo poemetto, intitolato “L’ombelico di Venere”, Ceri immagina che gli dei dell’Olimpo Bacco, Marte e Venere arrivino sulla terra per intervenire nell’interminabile serie di guerre, per la supremazia cittadina, tra Modenesi e Bolognesi.
Gli dei, trovano alloggio in una locanda di Castelfranco Emilia (Castelfranco ritorna perchè si trova proprio al confine tra le provincie delle due città belligeranti): Bacco e Marte scendono in campo per dar man forte ai Modenesi lasciando da sola Venere e il solito locandiere guardone la sorprende discinta rimanendo fulminato dal divin ombelico: “…Bacco e il fiero Marte – lasciata in letto sola – la divina compagna, – andarono a girar per la campagna. – Dopo un profondo sonno – Venere gli occhi dolcemente aprìo – e non veggendo l’uno e l‘altro dio – giacere ai fianchi suoi, – tale tirata diede al campanello – che fece risonar tutto il castello. – L’oste che stava intento ad aggirar l’arrosto – le scale come un gatto ascese tosto – e nella stanza giunse…”.
Dove sia nato il tortellino, se dall’ombelico di Venere o di una seducente nobildonna, se a Modena (turtlèin) o Bologna (turtlèn) o a Castelfranco, non ha importanza.
Quel che interessa è che è uno dei piatti più rinomati della cucina italiana.
Dentro al tortellino c’è una storia e un’esperienza secolari: nasce verosimilmente nelle cucine dei poveri e dei contadini, quale riciclo della carne avanzata dalla tavola dei nobili per diventare un piatto che entra sempre più spesso nei grandi menu, compreso quello per il pranzo di natale.
Tortellini fatti in casa
Preparo in casa i tortellini secondo la ricetta solennemente decretata dalla “Dotta Confraternita del Tortellino” di Bologna, alla quale ho aggiunto qualche ingrediente per personalizzarla.
Per eseguire questa ricetta mi metto il grembiulone da cuoco, il cappello da cuoco e il bonario sorriso che tutti i cuochi degni di questo nome hanno sempre stampato sulle labbra.
Vado a prendere Camper di Roberto Vecchioni e lo metto sul piatto. È un album molto vissuto (è del 1992), che ho sentito decine (forse centinaia) di volte perchè contiene “Luci a San Siro” che sembra una canzone invece è una poesia senza fine e non smetteresti mai di sentirla, perchè le parole sono “notevoli” e le note “parlanti”. Però non la metto in questa occasione (ogni volta che la sento mi commuovo, invece devo essere sereno) e scelgo “Voglio una donna”. È un pezzo che mi mette sempre di buon umore e lì dentro Vecchioni, a mio parere, ci ha fuso un pò del suo genio. Quando arriva il ritornello che inneggia alla “donna, donna, donna, donna, donna con la gonna gonna gonna” alzo in aria, in un ipotetico brindisi, il ballon in cui ho versato una generosa quantità di Oltrepò Pavese Pinot Brut Classese di Francesco Quaquarini. Uno spumante metodo classico centopercento Pinot Nero con una persistenza eccellente ed un corpo cospicuo. Il corpo armonico di una donna come quella idealizzata da Vecchioni, una donna con la gonna e non “col pisello e la bandiera nera”.
Tengo ancora un pò il bicchiere in mano perchè il suo contenuto si evolve man mano che si ossigena e poi deglutisco piano per dare il tempo alle bollicine di irrorarmi i nari e mentre deglutisco cotanto piacere, mi lascio cullare dal ritornello “voglio una donna, donna, donna, donna, donna…”.
Ingredienti
- Per il ripieno: 300 gr lombo di maiale, 300 gr prosciutto crudo, 300 gr mortadella di Bologna, 450 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato fresco, 3 uova di gallina, olio evo 100% italiano, rosmarino
- Per la sfoglia: 400 gr di farina tipo 00, 4 uova intere e una presa di sale
Preparazione
Per la sfoglia: setaccio a fontana la farina su una spianatoia e vi unisco le uova
Per il ripieno: faccio cuocere a fuoco lento il lombo nell’olio evo 100% italiano con il rosmarino e sale. Lo tolgo dal fuoco, lo trito finemente insieme al prosciutto, alla mortadella e impasto con Parmigiano Reggiano, uova e una bella grattata di noce moscata. Lo metto in frigo.
Esecuzione
Dopo averlo amalgamato ben bene, lascio riposare l’impasto per mezz’ora, poi lo lavoro vigorosamente per circa un quarto d’ora finchè risulta liscio e omogeneo. Faccio asciugare per una mezz’oretta coprendolo con un panno e poi stendo la pasta con un mattarello cercando di ottenere una sfoglia il più sottile possibile. La metto su un tagliere e ne ricavo dei riquadri di 4,5 cm di lato. Vi poso al centro una giusta quantità di ripieno ancora fresco di frigo e ripiego il riquadro su se stesso formando una sagoma triangolare. Poi intreccio i lembi della sfoglia intorno al dito indice e, con una leggera pressione delle dita, lo chiudo. I tortellini sono fatti! Si potranno mangiare in una miriade di modi possibili, ma sono buoni anche crudi!
Io conosco una cuoca provetta che, quando prepara i tortellini, ne mette da parte una discreta quantità da sbocconcellare mentre cucina, come fossero degli snack golosi.
Allora, anche per i tortellini crudi, è doveroso un abbinamento enologico.
Quello che segue, per me, è il più appropriato.
CENTOVENTI ROSE’ Pinot Nero Metodo Classico Oltrepò Pavese Dosaggio Zero Luca Bellani
Spumante Metodo Classico rosè, dosaggio zero: maturato su fecce per 120 mesi.
E’ una selezione di Luca Bellani, titolare della cantina Cà di Frara, ultima generazione di viticoltori dal 1905, a Mornico Losana. Nasce da una delicata vinificazione in rosa, con una breve macerazione sulle bucce.
Di un delicato colore rosa antico con riflessi ramati, ha un perlage fine ed estremamente elegante. È intrigante nei profumi, che si mutano in vere e proprie emozioni olfattive riecheggianti il sottobosco, i fiori bianchi, le scorze di agrumi. Ma anche tocchi di fine pasticceria come la meringa, che si intersecano tra di loro corroborandosi in una spiccata nota sapida. I profumi freschi e briosi rimandano alla fragranza tipica del Pinot Nero, ai suoi aromi. Le note minerali scalpitano nel bicchiere e contribuiscono ad aggiungere vivacità a questo vino.
In bocca si amplifica la freschezza e la complessità e la sfaccettatura aromatica sono esaltate dalle fini, abbondanti e cremose bollicine in una deliziosa avvolgenza che allunga la persistenza gustativa.
È un vino di grande stoffa, di estrema freschezza, con accenti aggraziati ed eleganti che si abbinano in modo armonioso al tortellino, esaltandone il sapore.
Selezioni di Luca Bellani
Cà di Frara, località Casa Ferrari, Mornico Losana (PV).