Ci sono luoghi il cui il vino rivela origini antiche.
Succede quando la vite affonda le radici in un tempo che rivive nei calici e nella passione di chi non ha mai abbandonato la terra e non mai smesso di curarla e rispettarla.
Si svela così a piccoli sorsi una terra come l’Oltrepo Pavese, un insieme di paesaggi di rara bellezza che hanno preso forma negli anni grazie al lavoro e alla fatica di generazioni di vignaioli.
Paesaggi belli in tutti i periodi dell’anno, anche d’inverno, quando le viti si spogliano e, a guardarle dall’alto, sembrano una sottoveste di rete che lascia intravedere le sinuose forme delle colline.
Siamo in un territorio di oltre 13000 ettari di vigna che manifestano la loro effettiva consistenza paragonati ai 14000 di tutto il Trentino Alto Adige. Una parte di una piccola provincia come Pavia ha quasi la stessa superficie vitata di un’intera regione. Circa 60 milioni di piante di vite che, a distanza di 1 metro una dall’altra, come sono solitamente disposte nel filare, potrebbero fare 1 volta e mezza il giro della terra.
L’Oltrepo Pavese è anche il primo areale vitivinicolo per biodiversità in Italia, perché accanto alla vigna è rimasto il pascolo, il prato, il bosco. Qui non c’è un allevamento intensivo della vite e la resa media per ettaro è di 100 quintali ma molti vignaioli virtuosi ne raccolgono anche molti meno, salvaguardando la qualità.
In Oltrepo Pavese ci sono vini prestigiosi, unici, decantati da grandi uomini del vino come Mario Soldati, Gino Veronelli e grandi giornalisti come Gianni Mura e Gianni Brera.
Il Sangue di Giuda, il Buttafuoco, il Barbacarlo sono un patrimonio inestimabile di queste terre.
E poi c’è il Moscato di Volpara, il Casteggio DOC (denominazione che ha capito che bisogna puntare sul territorio e non sul vitigno), il Riesling della Valle del Riesling e il Pinot Nero in tutte le sue declinazioni.
Tremila sono gli ettari Pinot Nero che si aggrappano su scoscese colline; la più grande area di questo vitigno in Italia e la terza nel mondo.
Da gran parte delle uve Pinot Nero si ottiene quello che si potrebbe chiamare il POsecco dell’Oltrepo Pavese, uno straordinario Metodo Classico che può vantare una valenza straordinaria come il Po, il grande padre ubriacone (come lo chiamava affettuosamente ma rispettosamente Gioàn, per il suo corso zigzagante, simile alla camminata di un ebbro) e i suoi interpreti stanno ottenendo i lusinghieri risultati che si meritano.
Uno di questi è l’Azienda Agricola Manuelina di Paolo e Antonio Achilli.
Venendo da Pavia, lungo la provinciale 45, superata la rotatoria di Roncole, con l’enorme bottiglia in acciaio inox, alta sei metri, di Carlo Mo, che testimonia la vocazione di queste terre per la produzione vitivinicola, la strada in direzione di Santa Maria della Versa è tutta dritta, fino a Ruinello di Sotto da cui si prende una stradina che si arrampica progressivamente fino a questa cantina, con una lunga storia.
Tutt’intorno, c’è una distesa di vigne che convergono verso un’area delimitata da pali di 3 metri, a forma di matita, ognuno di un colore diverso, realizzati da Aldo Divano da Alessandria.
Qui, d’estate, la policroma palificazione accoglie i visitatori che sono accompagnati in un’esperienza sensoriale fatta di panorami sorprendenti, camminate tra le vigne e degustazioni open air.
La storia della famiglia Achilli inizia nella prima metà del ‘900, allorché Luigi Achilli e suo fratello Guido, decidono di trasformare la produzione di vino per amici e conoscenti in un’attività vera e propria.
Nasce l’Azienda Agricola Achilli Luigi e da allora la passione per la vite si è tramandata ai suoi figli Paolo e Antonio che hanno preso in mano vigna e cantina, con la ferma intenzione di proseguire la tradizione famigliare e mantenere il forte legame con il territorio, fatto di rispetto e cura dell’ambiente. La modifica del nome originario in Manuelina è storia recente, motivata dal fatto di distinguerla dalle numerose altre cantine a nome Achilli, presenti nell’area di Santa Maria della Versa.
Il nome è legato alla famiglia in quanto Manuela è una delle figlie di Paolo e ultima discendente di una generazione di gente nata per fare il vino.
L’Azienda Agricola Manuelina si estende per un totale di 22 ettari, interamente vitati e produce, vinifica e imbottiglia direttamente sul territorio della Valle Versa, in una delle aree più vocate dell’Oltrepo Pavese per il Pinot Nero base spumante.
Tutti gli interventi effettuati nelle vigne sono mirati al massimo rispetto dell’ecosistema locale, nel pieno rispetto della natura, con minimi interventi anticrittogamici, concimazioni organiche, potature corte e sovescio. Raccolta manuale delle uve, diraspatura e pressatura soffice dei grappoli.
Tra i prodotti di rilievo c’è il SOLONERO Pinot Nero dell’Oltrepo Pavese DOC. di 13% vol. (variabili a seconda dell’annata) di grande eleganza ed equilibrio.
Le uve, raccolte manualmente nei vigneti attorno all’azienda con esposizione a Sud, subiscono una pigiadiraspatura soffice che elimina il raspo e prepara il mosto al processo fermentativo. La macerazione del mosto con le bucce ha una durata variabile a seconda delle annate. Le parti solide sono poi separate dal mosto tramite pressatura. L’affinamento avviene in vasche di acciaio a bassa temperatura.
Dal 2015 la cantina fa parte del progetto LaBonardaPerfetta (detta anche la “mossa” perfetta, perché si tratta di un vino frizzante), un’iniziativa che attualizza la Bonarda nella sua accezione più autentica, con l’obiettivo condiviso di ridare dignità a questo vino troppo a lungo ‘sconsiderato’.
Viene prodotta da un gruppo di quindici aziende agricole di filiera appartenenti al Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepo Pavese, sulla base di un regolamento più severo rispetto al disciplinare di produzione della Bonarda dell’Oltrepo Pavese DOC.
La Bonarda con cui Manuelina partecipa al progetto, contenuta nella Marasca adottata dal Distretto, si chiama ĂCHILLIUS #LAMOSSAPERFETTA Bonarda dell’Oltrepo Pavese DOC e porta non solo il nome della famiglia ma anche le impronte degli Achilli disegnate sulle bacche d’uva, in etichetta.
ĂCHILLIUS #LAMOSSAPERFETTA
Proseguendo nell’obiettivo di fare rete, ovvero unire le forze per rilanciare un prodotto e, inevitabilmente, un territorio, che non deve più essere interpretato come terra di approvvigionamento ma una realtà capace di esprimere eccellenze, Manuelina aderisce anche ad una joint venture tra aziende vitivinicole dei Colli Tortonesi e dell’Oltrepo Pavese, per creare un vino fatto con Croatina (dell’Oltrepo Pavese) e Barbera (dei Colli Tortonesi) che si chiamerà IRIA (nome registrato da Andrea Picchioni), antico nome di Voghera, che si trova proprio al confine dei due territori.
Ma i prodotti di punta di Manuelina sono tre Metodo Classico, 100% Pinot Nero denominati 137 BRUT METODO CLASSICO VSQ PINOT NERO, 145 ROSÉ BRUT OLTREPO PAVESE METODO CLASSICO PINOT NERO ROSÉ VSQ, DOSAGGIO ZERO METODO CLASSICO VSQ PINOT NERO.
I numeri riportati in etichetta sono quelli che contraddistinguono le particelle sulla mappa catastale di Santa Maria della Versa, in cui si trovano le vigne che si adagiano sulle marne calcaree, proprio laddove un tempo c’era il mare. Se ti metti a scavare un po’ più a fondo, rischi d’imbatterti ancora in reperti fossili lasciati lì in seguito al ritiro delle acque marine.
137 BRUT VSQ Pinot Nero, 145 ROSÉ BRUT Oltrepo Pavese Pinot Nero Rosé VSQ, DOSAGGIO ZERO VSQ Pinot Nero
Per il 137 BRUT Metodo Classico VSQ Pinot Nero e il 145 ROSÉ BRUT Metodo Classico VSQ Pinot Nero Rosé, le uve, raccolte manualmente in cassette nei vigneti identificati con il numero 137 e 145 sulla mappa catastale di Santa Maria della Versa, esposti a Nord/Est, subiscono una pressatura soffice all’interno di una pressa a polmone. Per il Rosato, le bucce restano a contatto con il mosto fiore per una notte, cedendo il colore che darà la tonalità rosata al vino Dopo la pressatura che separa le bucce dal mosto (per il Rosato) e la decantazione del mosto, si avvia la fermentazione alcolica e si completa il processo di ottenimento del vino base con successivi travasi. In primavera si imbottiglia il vino che, dopo la rifermentazione in bottiglia, diventerà Metodo Classico di 12,5% vol. Riposa per almeno 36 mesi in bottiglia a temperatura controllata.
Nel DOSAGGIO ZERO Metodo Classico VSQ Pinot Nero le uve, raccolte manualmente in cassette nei vigneti di proprietà dell’azienda in Santa Maria della Versa, subiscono una pressatura soffice all’interno di una pressa a polmone. Dopo la decantazione del mosto, si avvia la fermentazione alcolica e si completa il processo di ottenimento del vino base con successivi travasi. In primavera si imbottiglia il vino che, dopo la rifermentazione in bottiglia, diventerà Metodo Classico di 12,5% vol.. Il Dosaggio Zero riposa per almeno 36 mesi in bottiglia a temperatura controllata. Con il remuage e dégorgement, è illimpidito e pronto per la commercializzazione.
Le bottiglie sono ricolmate con il vino-base della stessa annata senza aggiunta di zucchero.
Le tre bolle, pur se diverse tra loro, hanno tutte uno stesso stile, che si potrebbe definire Stile Manuelino (prendendo in prestito il nome dal movimento di transizione che traghetta il tardo gotico portoghese al Rinascimento), in cui la tradizione è fondamento del rinnovamento o rinascimento.
Tre Metodi Classici che esprimono tutto il frutto e il minerale, vellutati, lunghissimi nel retro olfattivo, tremendamente avvolgenti.
Insomma, vini che giocano tutto in eleganza e profondità. Fatti bene.
Una questione di metodo.
Oggi l’Oltrepo Pavese può contare su produttori d’eccellenza e vini di qualità, come quelli di Manuelina, certificati dai successi riconosciuti dalle guide del vino più prestigiose.
Il più recente di questi riconoscimenti è il primo Premio per l’Eccellenza qualitativa, attribuita al territorio dell’Oltrepo Pavese da Vinarius, l’Associazione delle enoteche italiane, il 20 gennaio di quest’anno.
Di qui l’impegno per far crescere sempre di più la qualità dei prodotti, la competitività delle aziende e sostenere la valorizzazione dei vini pregiati.