Kühbacher la birra bavarese dal cuore italiano
Il castello di Possenhofen è immerso in uno spettacolare scenario naturale sulle rive del lago di Starnberg, in Baviera.
Richard, uno scudiero di Maximilian duca di Baviera, ogni giorno si assiepa dietro un cespuglio ai margini del parco del castello per scrutare Sisi che gioca coi fratelli e le sorelle, o la segue da lontano mentre va a cavallo nel bosco, o rimane incantato a osservarla dalla finestra della sua camera mentre scrive poesie.
Sisi è il nome con cui tutti chiamano Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, che viene da una famiglia dell’alta nobiltà imparentata con sovrani, principi e imperatori ma molto anticonformista.
Suo padre, l’arciduca Max, è uno spirito indipendente e avventuroso che ha voluto crescere la figlia con semplicità in modo che non sviluppasse un carattere eccessivamente aristocratico.
Fin da piccola Sisi, seguendo la sua indole, non vede l’ora che venga estate per fuggire dai formalismi del palazzo di famiglia a Monaco e andare ad immergersi nella natura di “Possi”, ad ascoltare gli uccelli cantare e a scrutare i cervi e gli scoiattoli.
Anche Richard è di origini nobili ed è per questo che è diventato scudiero del duca ed ha accesso al castello dove può vedere la fanciulla, di cui è follemente innamorato.
Ha tenuto dentro di sé il suo amore fin troppo a lungo e non può più esitare ora che la sua amata ha compito i 14 anni.
Un mattino, mentre Sisi sta facendo una passeggiata nel parco, le si avvicina per parlarle e manifestarle il suo amore. Ma, non appena incrocia il suo sguardo, rimane muto continuando a guardarla.
Anche Sisi rimane ammaliata dai suoi occhi e non riesce a profferire parola.
Il momento magico è spezzato dal richiamo della sorella Nenè ma la freccia di Cupido, che aveva già colpito Richard, si è ora conficcata anche nel cuore della giovane fanciulla.
I due innamorati hanno modo di incontrarsi sempre più spesso nel parco del castello, però il duca Massimiliano ha in mente per la figlia un partito molto più prestigioso e costringe il giovane scudiero a partire per un incarico che lo porta in terre lontane.
Sisi rimane rapita da questo amore infantile e si chiude per giorni interi in camera sua a scrivere poesie d’amore.
Richard torna solo dopo quattro lunghi mesi gravemente malato e muore pochi giorni dopo, lasciando Sisi in preda allo sconforto.
Qualche anno più tardi Sisi sposerà Francesco Giuseppe I d’Austria, Imperatore d’Austria e Re d’Ungheria e diventerà Imperatrice d’Austria e Regina d’Ungheria ma sarà ricordata per sempre come la Principessa Sissi di Baviera.
La Baviera si può indiscutibilmente considerare la patria della birra e a Kühbach, l’arte di fabbricare la birra, ha una tradizione antichissima.
Nell’ex convento di monache benedettine, qui fondato nel 1011, si produceva birra sin dal medioevo.
Dopo la secolarizzazione del 1803, cioè la soppressione di istituzioni ecclesiastiche a favore di istituzioni secolari, che rappresentò la principale istanza politica dei fautori della Rivoluzione francese, Maximilian duca di Baviera, padre di Sissi, acquista (nel 1839) il castello di Kühbach con i suoi vasti possedimenti e dà vita ad una nuova birreria, proprio negli stessi locali in cui bressavano le monache.
Nel 1862, l’intera proprietà passa nelle mani di Joseph Anton Beck-Peccoz e le generazioni che si sono succedute in oltre 150 anni hanno mantenuto l’antica struttura aziendale, costituita da birreria, boschi e campi agricoli, esattamente come mille anni fa.
Nel complesso di edifici storici è ancora compresa la chiesa del monastero.
I Beck-Peccoz discendono da un’antica stirpe Walser che dal 700, cioè circa 1300 anni fa, ha cominciato a muoversi dalla Baviera (erano Allemanni) spingendosi verso sud e giungendo a colonizzare territori come il Vallese in Svizzera e la valle di Gressoney, ai piedi del Monte Rosa.
I Beck-Peccoz arrivano proprio a Gressoney costruendo case ed edifici, che in parte esistono ancora oggi e vivendo prevalentemente di agricoltura.
A partire dal 1600 in poi, parte della famiglia, a causa di una forte ondata di freddo che colpisce l’intera Europa, è costretta a tornare in Baviera.
Durante il ritorno in patria si portano dietro molti prodotti valligiani non solo legati all’agricoltura ma anche stoffe e manufatti, che cominciano a vendere dando vita ad un nuovo filone legato alla commercializzazione.
Già nel 1785, due fratelli Beck-Peccoz diventano grandi commercianti, collocando le loro merci sui mercati più importanti, al punto che i loro nomi vengono iscritti nel registro di Augsburg, che annota i commercianti più influenti.
Nel giro di pochi anni i due fratelli costruiscono anche numerose fabbriche dalle quali escono molte delle merci poi commercializzate (come prodotti in ottone, saponi e saponette, candele) e persino una cartiera che stampa francobolli per il poligrafico dello Stato.
Nel corso degli anni le fabbriche vengono poi cedute e i proventi investiti nell’acquisto di proprietà agricole tra cui il castello di Kühbach con i terreni annessi.
Nel 1840 i due fratelli Joseph Anton e Carl Maximilian Anton vengono nominati baroni dal re di Baviera Ludwig I°.
Il titolo nobiliare viene loro conferito per alti meriti sociali avendo per primi introdotto in Baviera una sorta di pensione di sostegno alla vecchiaia per i loro dipendenti e collaboratori in quanto a quell’ epoca non esisteva ancora un servizio di assistenza a livello statale.
Questa sorta di filosofia sociale, che si fonda sul lavoro e sulla redistribuzione dei suoi frutti a tutti quelli che concorrono al loro raggiungimento, accompagna da sempre i Beck-Peccoz e rappresenta il loro più grande motivo di orgoglio, ancora maggiore dei riconoscimenti e dei titoli nobiliari.
Il titolo baronale bavarese Freiherren von Beck, nel 1842, viene riconosciuto anche dalla famiglia reale dei Savoia (di origini francesi) che lo convalida per la linea italiana come Baron de Peccoz.
Nasce così il nome composto Beck-Peccoz.
La storia di questa famiglia si rispecchia in questi titoli e in questi due nomi ricongiunti in uno: Beck, che era il vecchio nome Walser e Peccoz, dal Valdostano Pecco.
Nel loro stemma confluiscono i colori della Valle d’Aosta (il rosso e il nero con l’oro), i colori tedeschi (nero, rosso e oro) e i colori della famiglia Savoia (rosso e bianco).
Al centro del blasone campeggia lo stambecco, animale araldico, che è il simbolo della famiglia.
Lo stambecco diventa anche l’emblema della birreria fin dal 1862.
Da oltre 150 anni, tra le antiche mura che videro le monache medievali trasformate in mastre birraie, fermentano birre con il marchio dello stambecco.
Birre assolutamente pure perché è del 1516 l’Editto sulla purezza della birra che obbliga i produttori bavaresi ad utilizzare, nelle loro preparazioni, solo acqua, malto e luppolo (il lievito non veniva citato perché ancora non si conosceva).
Tutte le materie prime provengono da agricoltura locale e sono minuziosamente selezionate dal mastro birraio, in base a requisiti di pregio.
Tutti i processi di produzione sono gestiti in maniera non invasiva, la cottura avviene a temperatura ridotta e la birra beneficia di un periodo di maturazione che va dalle 6 alle 8 settimane.
Il frumento e l’orzo sono coltivati negli oltre 350 ettari di proprietà agricola in cui è presente anche il granoturco, che va a finire in un impianto di biogas per la produzione di energia (elettricità e calore) utilizzata nel processo produttivo.
Le proprietà del castello comprendono un’area di circa 1.200 ettari con un bosco di 800 ettari che fa da polmone verde.
La birreria di Kühbach è un’azienda modello anche per l’impatto ecologico con l’ambiente.
Dal 2007 nella produzione vengono utilizzate esclusivamente energie generate da fonti rinnovabili, come gli impianti fotovoltaici collocati sui tetti degli edifici aziendali, il biogas derivante dal mais dei propri campi ed il cippato di legname dei propri boschi.
La birreria ha una produzione annuale di circa 12 milioni di bottiglie.
Solo fino a pochi anni fa era esattamente la metà di quella odierna ed è in costante aumento, pur in un mercato, come quello tedesco, che registra una progressivo calo dei consumi di birra (negli anni ‘70 il consumo pro capite era di 200 lt., contro i 100 lt. di oggi).
È una birreria “regionale” che vende solo in un ristretto raggio territoriale (40 km intorno a Kühbach), con la sola eccezione di una parte di prodotto esportato in Italia.
I malti arrivano da diverse malterie bavaresi di grandi o piccole dimensioni così da avere un mix di prodotto qualitativamente più elevato.
Il luppolo, di diverse qualità (in alcune birre ci sono fino a 6 differenti varietà), proviene dalla Hallertau, famosa zona di produzione di luppolo a poche decine di chilometri da Kühbach e per ogni tipologia di birra viene fatto un mix appropriato.
La storia del filone ereditario dei Beck-Peccoz è molto curiosa.
Joseph Anton è il primo della famiglia a investire nella birra con l’acquisto del castello di Kühbach e l’annesso birrificio e suo figlio Carl amplia successivamente l’attività.
Carl non ha figli e quindi deve adottare un erede per non disperdere il suo ingente patrimonio. È una storia che si ripete fatalmente nella famiglia dei Beck-Peccoz: ogni due generazioni non ci sono figli.
Carl dunque si rivolge ad un suo cugino di Gressoney chiedendogli in adozione uno dei suoi figli. La scelta cade su Amedeo, in seguito Amédée, avendo sposato una nobile francese, nato nel 1868, successivamente trasferitosi a Kühbach e qui diventato cittadino onorario per alti meriti sociali.
Amédée ha tre figli, due maschi gemelli e una femmina ma nessuno di loro mette al mondo degli eredi.
Così Humbert, uno dei due gemelli, va a Gressoney e adotta Federico. Il designato continuatore della linea dei Beck-Peccoz all’età di 10 anni arriva in Germania, compie l’intero ciclo di studi e in età adulta viene adottato, cosicchè tutto il patrimonio passa in mano a lui.
Federico si sposa con una genovese e ha due figli maschi, Umberto e Filippo, e una femmina, Ada e tutti si aspettano che il destino implacabile li renda sterili ma Umberto e sua sorella sbaraglieranno le carte mettendo al mondo quattro bei marmocchi e sfatando il fato.
La Kühbacher è ora nelle mani di Umberto che finalmente potrà cederla ai suoi figli, Cedric e Amédée.
Umberto Beck-Peccoz
Umberto ha un credo ecologico/sociale molto forte: “Mio nonno era un grande ecologista, che ha vissuto prevalentemente a Gressoney e non ha mai venduto un terreno di proprietà, proprio perché tutto rimanesse nel suo stato naturale come è sempre stato lungo gli anni e non venisse sottoposto a manomissioni dalla mano dell’uomo che molto spesso non rispetta la terra. Qui a Kühbach è sempre stata seguita una filosofia simile e l’azienda è sempre stata mandata avanti in modo molto ecologico. Negli anni dal 2005 al 2007 abbiamo compiuto un vero salto di qualità rivoluzionando il nostro sistema energetico e inserendo prima, nel 2005, i pannelli fotovoltaici che ci forniscono fino a 400 kw all‘ora di energia elettrica (un regalo che ci fa il sole quotidianamente e che ci consente di risparmiare più di un terzo in spese energetiche senza causare alcun impatto all’ambiente) e successivamente, nel 2006, un impianto di biogas e una rete di riscaldamento per noi e il nostro paese. Questo impianto è del tutto innovativo rispetto a quelli tradizionali perché abbiamo introdotto una tecnologia che ci consente di recuperare il calore che normalmente viene disperso nella combustione delle masse biologiche. Tale calore viene incanalato in tubi (isolati termicamente), che si irradiano nel sottosuolo per una lunghezza di oltre 5 chilometri, raggiungendo e collegando oltre a tutti i nostri edifici i clienti più importanti presenti sul nostro territorio, come gli opifici della zona industriale, il centro commerciale, i palazzi del Municipio, le scuole, l’asilo, la casa per anziani e una gran parte di abitazioni private. Il sistema è programmato per produrre una media di 1000 kw all’ora ma può arrivare, se necessario, anche a punte di 2000 kw. Con questo sistema il risparmio annuo di gasolio è pari a 850.000 litri che, moltiplicato per i 18 anni in cui è attivo, fanno oltre 15 milioni di litri e non c’è bisogno di fare altri calcoli per capire quanto sia benefico per la nostra salute.
In più, i residui derivanti dalla fermentazione attuata dai microrganismi in biomassa, vengono recuperati e ridistribuiti sui nostri terreni coltivi, diventando il più naturale dei concimi.
Nel 2007, sempre seguendo la nostra propensione alla salvaguardia dell’ambiente, abbiamo installato un nuovo impianto che brucia il cippato proveniente dai nostri boschi e ci permette di produrre il vapore necessario per l’ intero ciclo produttivo in birreria. Il cippato è legno ridotto in scaglie che deriviamo da ramaglie, cortecce e scarti nelle lavorazioni forestali e come combustibile è una materia prima assolutamente naturale. Così, a fianco della centrale a biomassa, abbiamo un seconda fonte di energia rinnovabile che ci consente una completa autonomia per i nostri fabbisogni energetici anche in casi di temporanee interruzioni di fornitura di uno degli impianti. In questo modo credo di aver creato un sistema che rispetta la terra e l’ambiente e fa respirare meglio i nostri polmoni e la nostra coscienza.
Avere le possibilità per creare sistemi che salvaguardino la nostra terra è un grande privilegio ma lo è ancora di più poter intervenire nel sociale per portare assistenza ed aiuti alla gente che collabora con noi, al raggiungimento dei nostri obbiettivi. Questa è una tendenza, anzi una valenza, che attraversa tutta la storia della nostra famiglia e che io mi sento non in dovere ma in piacere, di continuare.
I nostri oltre 200 collaboratori tra birreria, azienda agricola e altre attività regionali (come il ‘Bauernmarkt’ a Dasing, il più grande progetto di rivendita di prodotti agricoli in Baviera, o la ‘Rennbahn’, grande ristorante con oltre 500 posti, a Neuburg sul Danubio), devono sentirsi tutti in una grande famiglia ed io cerco di approcciarmi a loro come un imprenditore-cristiano che considera il suo prossimo come se stesso.
Mio padre mi ha inculcato questa profonda propensione al sociale che lui, in prima persona, ha sempre professato. Lui è stato il primo imprenditore del nostro territorio a cedere, a prezzi bassissimi e con pagamenti dilazionati, piccoli appezzamenti di nostri terreni a giovani famiglie per dare loro la possibilità di divenire contadini e vivere dei proventi del proprio lavoro.
Ha anche salvato la casa di riposo per anziani di Kühbach che stava per essere chiusa, oltre vent’anni fa, e che da allora riceve amministrazione e sussidi dalla nostra famiglia ed è un fiore all’occhiello della nostra comunità. Abbiamo aiutato e aiutiamo anche molte birrerie nelle vicinanze, fornendo loro aiuti economici o mettiamo a disposizione i nostri impianti, per esempio quelli di imbottigliamento, a birrerie che ne sono sprovviste.
E poi, siccome la birra è sinonimo di festa, organizziamo ogni anno, nel castello, una grande Festa della Birra che dura quattro giorni, sempre a maggio, dal giorno dell’Ascensione, che cade di giovedì (e che in Germania è la Festa del Papà), alla domenica seguente.
Vi partecipano più di 25.000 persone quasi tutte in costume bavarese, con bande musicali e gruppi folkloristici, tra cui quello di Gressoney che è presente fin dalla prima edizione, tenutasi quasi quarant’anni fa”.
Kühbacher, la birra bavarese dal cuore italiano, ogni anno diventa protagonista di una grande festa anche in Italia.
Da ormai oltre venticinque anni, per quattro giorni, intorno alla ricorrenza di San Giovanni (24 giugno), Gressoney-Saint-Jean si trasforma in una piccola Monaco di Baviera in occasione della tradizionale “Bierfest Gressoney”, organizzata dal Gruppo Folkloristico del paese.
In località Weissmatten, nel cuore della comunità Walser (i cui residenti sono di origine tedesca), all’interno di un padiglione in grado di accogliere fino a 5000 persone, arrivano circa 15mila litri di Kühbacher bier, direttamente dalla birreria dei Beck- Peccoz e, tra musiche, danze e specialità gastronomiche, sono “filtrati” da circa 15.000 persone con una media di consumo di circa un litro a testa.
Le birre Kühbacher sono prodotte in diverse tipologie diverse, di cui 14 vengono esportate in Italia.
Tra queste:
Lager: (in bottiglia da 33 cl) Bionda di 4,8 gradi, con malto d’orzo, luppolo e lievito. È una Lager di qualità premium, di colore oro chiarissimo, corpo snello, gusto secco leggermente amarognolo.
Hell 33: (in diversi formati) Bassa fermentazione. Tradizionale bavarese, Helles è l’abbreviazione di Ellesbier (birra chiara in tedesco).
Pils: (in bottiglia da 33 cl e in fusto) Bionda di 5 gradi, molto luppolata con malto d’orzo, luppolo e lievito. È una Pils di qualità premium, colore oro pallido con schiuma finissima, aroma floreale molto intenso e gusto discretamente amaro.
Peccator: (in bottiglia da 33 cl e in fusto) Scura a doppio malto di 7 gradi, con malto d’orzo, luppolo e lievito. È una birra ad alta gradazione, colore ambrato scuro, di sapore potente, carattere maltato e leggermente amarognolo. Dalla sua schiuma di media dolcezza si sprigionano sentori e sapori complessi che vanno dall’arrosto al pane, ai cereali, agrumi, erbe, frutta secca, fino al caramello e al cioccolato al latte.
Export: (in bottiglia da 0,5 l e in fusto) Bionda di 5,5 gradi, con malto d’orzo, luppolo e lievito. È una classica Export chiara di grande qualità, di gusto pieno, piacevolmente secco e leggermente maltato.
Schloβ-Weizen: (in bottiglia da 0,5 l e in fusto) Weizen chiara non filtrata di 5,5 gradi, con malto d’orzo e di frumento, luppolo e lievito. È una classica Weizen chiara, torbida, dissetante e rinfrescante con sentori tipici di lievito.
Josefi Bier: (in bottiglia da 0,5 l e in fusto) Birra scura non filtrata di 5,5 gradi, con malto d’orzo, luppolo e lievito. Export in versione scura, colore bruno ambrato, sapore speziato (ma non dolce) di malto tostato.
1862 Kellerbier: (in bottiglia da 0,5 l) Speciale non filtrata di 5,8 gradi, con malto d’orzo, luppolo e lievito. Qualità Märzen, dorata con riflessi rossi, corposa e lievemente abboccata.