I VINI ARANCIONI SICILIANI a Taormina Gourmet
(Splendid Hotel La Torre Mondello-Palermo, 30 novembre 2024)
Degli Orange Wine si parla come se fossero una scoperta recente invece sono i vini più antichi, quelli che sono stati fatti per primi, in maniera del tutto naturale.
Dalla Georgia provengono le uve che sono andate avanzando verso le zone che consideriamo d’origine come Francia, Spagna, Italia.
Qui le uve sono state accolte e poi diffuse.
La Georgia è la patria della vinificazione di vini bianchi simile ai rossi: macerazione per ottenere la cessione del colore che poi caratterizza il vino.
A seconda della macerazione, orange o bianchi macerati, perché comunque hanno fatto un’estrazione a contatto con le bucce, più o meno lunga, che caratterizza la tensione gustativa in modo sensibile: a volte c’è il lato tannico, spesso una colorazione più intensa.
Gli orange sono una riscoperta perché hanno rotto una consuetudine che voleva solo vini rossi che andavano avanti in macerazione (contatto con le bucce, estrazione tannica, di colore ecc.) e vini bianchi ottenuti togliendo subito le bucce.
La rivoluzione è partita dai Friulani del Carso e di Oslavia, zone ribelli per natura (Gravner, Radikon, Buscemi) ed estreme anche dal punto di vista geologico.
Zone di confine: i vini orange si possono considerare vini di confine, a metà strada tra bianchi e rossi, sempre più spesso frutto di una rottura con la tradizione enologica.
In Sicilia la ribellione è iniziata con Arianna Occhipinti a Vittoria (RG), si è poi allargata ad Alcamo trovando terreno fertile per esperimenti enologici che possono apparire come novità ma risalgono a millenni addietro.
Si è arrivato a rompere con certi schemi e a innovare lanciando un messaggio: “Voglio provare a fare un vino in un modo diverso”.
Il seme ha germogliato e nel corso degli anni si è affinata l’espressione di questi vini fino a diventare di una grande potenza e, allo stesso tempo, eleganza.
I vini in degustazione sono 10: Integer 2022 di Marco De Bartoli, Sinfonia di Bianco 2022 di Alessandro Viola, Occhio di Terra 2022 di Caravaglio, Zibibbo Macerato 2021 di Funaro, Orange 2021 di Barbanacoli, Krimiso 2021 di Aldo Viola, Catartico 2021 di Longarico, Altomare 2020 di Nino Barraco, Cecile 2017 Cantina Marilina, Griddu Verde 2014 Badalucco.
Sinfonia di Bianco 2022 di Alessandro Viola
La maggior parte dei vigneti dell’Azienda di Alessandro Viola si trova in Contrada Pietra Rinosa, nell’entroterra Alcamese ma le uve Grillo 100% che entrano nel Sinfonia vengono da vigne di circa vent’anni esposte a Nord a 220 Mt. slm., sul monte Bonifato che domina la città di Alcamo (TP).
Vendemmiate ai primi di settembre, fermentano in acciaio dove fanno macerazione per 6 giorni.
Dopo aver svolto la malolattica affinano sulle fecce in tonneaux di castagno per 7 mesi.
Il vino non viene filtrato ma ciò non lo penalizza in nessun modo.
Anche questo è un merito di certi produttori, ovvero aver contribuito a cambiare la percezione generalmente diffusa solo fino a 15 anni fa, che la mancanza di filtrazione fosse da considerare un difetto (l’innovazione è passata anche dalla rottura di queste barriere).
Colore giallo carico che, pur se non filtrato rimane limpido.
Dentro c’è tanta materia e al naso è di assoluta nettezza. Il legno è perfettamente inglobato nella parte olfattiva e quasi non si sente.
Si sente invece la parte agrumata e i lieviti dati dall’affinamento sulle fecce fini.
Il Grillo qui si esprime al meglio col suo corredo di profumi di mandarino, scorze di agrumi e fiori di zagara che prevalgono su quelli iodati, marini, di alghe, tipici in altri territori.
All’assaggio arriva subito l’acidità spiccatissima che significa processo di longevità.
Vengono fuori prepotentemente i lieviti ma sono tutt’altro che spigolosi, ruvidi.
Si sente il mandarino, la cedrata e una parte verde che si esprime delicatamente.
Il legno (il passaggio nel legno è in botte grande) fa appena capolino senza condizionare la traccia gustativa anzi, in qualche modo, gli allarga le spalle, lo rende più robusto, alleandosi all’acidità, per farlo evolvere negli anni a venire.
Un finale di pistacchio salato e mandorla.
Aldo Viola è uno che è rimasto sempre coerente alle idee che l’hanno caratterizzato come rivoluzionario e già questo vuol dire aver vinto una battaglia culturale.
Il Krimiso è un Catarratto in purezza da uve che nascono nella zona costiera di Alcamo, su sabbie rosse, a Valle del Monte Bonifato.
Le uve arrivano da un vigneto di 15 anni, gestito per fare poca produzione.
Il vino che ne deriva è espressione di un pensiero preciso: riuscire a dare ad Alcamo, da sempre zona vocata per i bianchi, particolarmente per il Catarratto, una destinazione diversa da quella definita.
Molte sono le visioni per ottenere un rosso da uve bianche e questa è una delle più estreme perché la permanenza sulle bucce viene spinta fino a 9 mesi in acciaio per poi andare in bottiglia.
Paradossalmente il contatto così prolungato anziché intensificare il colore orange lo rende più attenuato.
Al contrario, due o tre giorni di macerazione o una sola settimana, possono marcare di più il vino.
In questo caso il rilascio molto forte si accompagna ad un riassorbimento delle sostanze polifenoliche.
L’enologia tradizionale vuole vini dai colori brillanti, smaglianti e il Catarratto, che nelle zone calde ha una parte tannica molto interessante, si presta ad esperimenti interessanti e puoi scegliere cosa fare.
Aldo ha scelto di fare la vinificazione in modo naturale, senza intervenzioni né manipolazioni della materia prima e si è fatto alleato il polifenolo, avendo una marcia in più per ottenere vini unici nel proprio territorio con dentro tradizione, ricordi, appartenenza.
Al naso pulizia e una serie di marcatori agrumati, fruttati. In primis mela, pera, pesca bianca. Grande complessità con una trama olfattiva molto fitta.
In bocca l’acidità non dà fastidio anzi dà freschezza e forza al vino.
I tannini sono così morbidamente espressi che contribuiscono a dare una sensazione tattile in più rispetto al corpo occupando la bocca con autorevolezza pur senza perdere nulla in bevibilità.
L’Azienda di Luigi Stalteri produce questo Catarratto 100% da uve provenienti da un vigneto di circa vent’anni a 350 Mt. slm., circondato dalla riserva naturale del Bosco d’ Alcamo.
Fermentazione spontanea e colore arancione molto intenso ma la macerazione è solo di 3 giorni.
Poi sta sulle fecce fini per 6 mesi in legno grande che gli conferisce struttura senza minimamente condizionarlo.
Successivamente va in bottiglia senza filtrazione.
Al naso si sente leggermente il richiamo alla sua matrice, il tonneau di castagno ma è subito sovrastato da erbe, frutta matura, sottobosco, umido, terra.
Man mano che la temperatura si alza, il vino si ossigena e continua ad allargare il suo ventaglio olfattivo.
Al palato si sente la mandorla bianca (che sul finale si muta in amarognola, caratteristica del Catarratto), poi “duci” o “trifogghiu”, l’acetosella siciliana e fiori gialli carichi di acido ossalico.
Tannini abbastanza evidenti però così morbidi che non fanno tenere le distanze.
Lunghezza e sottobosco che continua a durare.
Un vino che arriva dall’isola di Salina.
L’Azienda Barbanacoli è condotta da Diego Taranto con la moglie Clara Schwarzenbergei parigina, attrice e regista di teatro.
Sono solo tre ettari di vigna che, come dice Clara, sono stati “graziati dal dio del vino e del teatro, Dioniso”.
Più di due ettari sono in contrada Barbanacoli nel comune di Malfa: un vigneto vecchio di 40 anni a 250 Mt. slm, su terreno vulcanico.
Le uve sono Catarratto 80% e Malvasia 20% e la vendemmia avviene a fine settembre. Pigiate e diraspate fanno fermentazione spontanea in acciaio per 25 giorni.
Il mosto è quindi pressato e il vino viene affinato per 7 mesi in anfora. Dopo almeno altri quattro mesi in bottiglia, è pronto per la vendita.
Color arancio intenso brillante, profuma di miele, erbe aromatiche e generoso di frutti e fiori.
Il sorso è fresco e pulito con un’ottima persistenza al palato.
I tannini sono spiccati e l’acidità è una componente fondamentale.
Occhio di Terra 2022 di Caravaglio
L’Azienda Agricola Biologica Antonino Caravaglio si trova a Malfa (ME) sull’isola di Salina.
Nell’Occhio di Terra finiscono solo uve Malvasia di Lipari da un vigneto a 350 Mt. slm. .
Fermentazione in acciaio per 15 giorni in macerazione, poi nove mesi in acciaio sulle fecce fini e una leggera filtratura.
Il calice è dorato, di una bellezza rara e al naso accarezza tutte le facoltà olfattive.
La sensazione è quella di camminare in mezzo ad un prato tra la mentuccia selvatica, il rosmarino, le erbette e quando cominci a calpestarle lasciano salire tutto il loro corredo di profumi intensi ma eterei.
Un profumo dolce, che ricorda il millefiori, con una parte agrumata di mandarino candito, meravigliosamente ricca e delicata.
In bocca la Malvasia esprime eccellentemente tutti i suoi caratteri: la parte aromatica, la parte iodata, quella marina e l’acidità.
Siamo su un’isola molto piccola: il mare batte continuamente e sono evidenti il sale e il sole, mescolati alla nota leggermente amara con cui chiude.
Zibibbo Macerato 2021 di Funaro
L’Azienda di Giacomo Funaro è a Santa Ninfa (TR), vicino a Gibellina Nuova, un posto da cui si gode una vista bellissima.
E’ forse per questo che Alessandro Viola ha deciso di andarci per fare lì questo Zibibbo.
Le uve vengono da vigneti a 400 Mt. slm. .
Giallo limone intenso torbido perché non è filtrato ma la leggera opacità diventa pregevole e si consegna agli occhi in maniera immediata e totale.
Al naso è un’impronta digitale vibrante.
In bocca l’essenza dello Zibibbo riecheggia i Moscati, lo spumante d’Asti, la dolcezza della frutta, dei vini dolci con tutti i richiami scolpiti nella memoria: un vino evocativo.
Il sorso fresco, sapido e intenso rimane a lungo in bocca.
Piccola venuta amara finale che lo rende ancora più vivace.
Integer 2022 di Marco De Bartoli
Marco De Bartoli ovvero il ribelle, il rivoluzionario.
Bartoli era fuori dalla DOC Marsala perché non aggiungeva alcol. Alcuni suoi vini arrivavano fino a 19 gradi e non aveva senso aggiungere alcol.
Di qui le battaglie legali e l’ostracismo da parte del mondo enologico.
Alla fine ha avuto ragione lui, così come ha avuto ragione Maga Lino col suo Barbacarlo in Oltrepo Pavese.
Le sue Aziende si trovano a Marsala e a Pantelleria.
Le uve per l’Integer vengono da Pantelleria, Contrada Bukkuram e sono quelle della seconda vendemmia, fatta in ottobre, con grado alcolico molto basso (intorno agli 11 gradi), al contrario dei profumi che sono molto elevati.
Fermenta, parte in legno già utilizzato e parte in anfora.
Viene lasciato a macerare sulle fecce fini per 10 mesi e assemblato.
Color giallo paglierino brillante, al naso si presenta subito la parte aromatica, il limone candito, la confettura d’arancia.
E la menta selvatica, l’origano, la salvia, il timo, il cedro portati dal vento pantesco.
Di grande freschezza, all’assaggio la carenza di alcol lascia spazio a larghezza, sapore, eleganza, pulizia di espressione.
La Cantina Marilina di Marilina Paternò è in contrada San Lorenzo a Noto (SR), vicino a Marzameni.
Le uve sono Moscato Bianco da vendemmia tardiva.
No filtrazione, no refrigerazione, no chiarificazione.
Fa una macerazione di 18 ore, poi fermenta in barrique da 220lt., affinamento in barrique vecchie per 28 mesi e in bottiglia per 6 mesi.
Un vino di grande struttura con 7 anni sulle spalle ma ancora una vita residua importante nonostante la longevità.
Il colore è ambrato e il naso un cesto di fiori e frutti.
Al sorso c’è una conferma gusto-olfattiva durevole e sorprendente per la piacevole aggiunta di datteri e carrube.
Nino Barraco, in Contrada Bausa, a Marsala, ha messo a punto quello che lui ha definito “il mio Grillo ideale” e “il mio Grillo definitivo”.
E’ un assemblaggio di 4 tipi di Grillo: 4 raccolte e fermentazioni diverse.
Un quarto di uve vengono da una vigna vecchia su terra rossa a Castelvetrano e fanno 3 giorni di macerazione.
Un secondo quarto sono uve che finiscono nel Vignamare con una vendemmia anticipata, da un vigneto che si trova praticamente sulla spiaggia e fa 2 giorni di macerazione.
Un terzo quarto è fatto da uve che vengono da un vigneto ad alberello, di quasi 50 anni, che diventano Altogrado e fa macerazione di 48 ore sulle bucce per poi affinare in botte da 1000 lt. .
L’ultimo 25% è un assemblaggio di uve Grillo, da un vigneto attiguo alla cantina che vengono vinificate, fermentate e macerate a grappolo intero.
Le quattro parti, a dicembre, sono messe in botte grande da 25 hl., di rovere di Slavonia e fa alcuni mesi di affinamento che variano a seconda dell’annata.
Poi va in bottiglia per l’affinamento finale.
Complicato da raccontare ma semplice da bere, così semplice che si potrebbe continuare senza mai fermarsi.
Il colore è quello Arancione con la A maiuscola.
Sia al naso che in bocca ha la parte fresca, agrumata del Grillo e la parte marina importante che riecheggia il Pre British di Intorcia, con una leggera ossidazione che si porta dietro l’allure di legno, di alcol e il tutto si risolve in una bevibilità tutt’altro che impegnativa.
Griddu Verde 2014 Badalucco
L’Azienda di Paolo Badalucco è a Petrosino (TP), un piccolo paese sul mare tra Mazara del Vallo e Trapani.
Appena presa la laurea parte alla volta dell’Andalusia per un corso di perfezionamento e incontra Beatriz che diventa sua moglie.
Insieme fanno ritorno in Sicilia dopo qualche anno per curare le vigne di famiglia da cui vengono le uve Grillo di questo vino di 10 anni: vigne vecchie, vicino al mare, così vicino che, se uno è stanco di vendemmiare, con una breve corsa è già nell’acqua.
Paolo lavora tanto con le botti e le ossidazioni e, una volta che le metti insieme, con una cultura antica che viene dall’avere dei geni di appartenenza al territorio, vengono fuori prodotti straordinari.
E più ancora straordinari in annate, come la 2014, ideale per il Grillo grazie alle condizioni climatiche e di vendemmia, che hanno consentito di avere grappoli perfetti, sani, senza muffe e con la colorazione giusta.
Paolo ha messo questo 2014 in botte scolma, gestendo l’ossidazione non come un demone che va temuto ma un alleato fortissimo che può diventare un elisir di eterna giovinezza.
Un colore arancione scuro che già dimostra di che stoffa è fatto.
Al naso è potente, una baldanza gentile, sembra un buldozer dipinto di rosa e ha dentro tutti i caratteri del Grillo di Marsala: il mare, le alghe, il sedimento, l’ostrica, il nero di seppia. E la frutta secca.
C’è un leggero residuo zuccherino, una parte dolce, perché i lieviti non ce l’hanno fatta contro un’uva così forte (15 gradi abbondanti) e sono morti in servizio.
Una lunghezza esagerata e rotondità e morbidezza e personalità.
Un vino che non si dimentica.