Classe 1954, 70 anni portati con classe e vissuti nel mondo del vino a colpi di rivoluzioni.
E’ un friulano che parla in modo chiaro ed essenziale, andando dritto ai concetti e alternando la lingua italiana alla parlata dialettale con un marcato accento che ti affascina.
Di un’eleganza sobria scevra di fronzoli, uno sguardo energico e i modi pacati.
La storia della sua famiglia inizia con Stefanus che, ancora sul finire del ‘700, migra dalla regione del Burgenland austriaco per approdare a Bilijana, piccolo villaggio, oggi sotto la giurisdizione slovena.
Di lì Anton, bisnonno di Silvio, si sposta in Friuli Venezia Giulia, a Farra d’Isonzo, provincia di Gorizia.
Il 1881 è l’anno di fondazione dell’Azienda vitivinicola Jermann, in località Villanova.
Suo padre Angelo, classe 1923 (1/9), si dedica alla cura delle vigne di famiglia con la moglie Bruna e, proprio insieme a lei, nel 2017, vivrà l’ultima vendemmia.
Il 9 dicembre 2018, all’età di 95 anni, vola nelle vigne del cielo, lasciando l’Azienda nelle mani di Silvio.
Nei primi anni ’70, Silvio si laurea in enologia a San Michele.
E’ di quelli che vede i limiti solo come punti di partenza per nuove sfide da affrontare, giorno dopo giorno, consapevole che il destino te lo devi costruire così come ti suggerisce la tua ragione. E la tua coscienza.
Nel 1972 mette in atto la sua prima innovazione creando il blend Vintage Tunina che viene lanciato e commercializzato a partire dal 1975 (nel 2025 sarà l’anniversario del cinquantesimo), al suo rientro da una lunga esperienza di lavoro in Canada.
Sono anni in cui parlare di “blend”, soprattutto in una terra come il Friuli, sembra infrangere un tabù.
Eppure Silvio crea un taglio inedito, assemblando uve di Sauvignon, Chardonnay, Malvasia Istriana, Ribolla Gialla e Picolit che, da subito, riscuote l’attenzione della critica nazionale e internazionale.
Tunina è il diminutivo di Antonia, l’anziana proprietaria del terreno su cui è sito l’originario vigneto ed è dedicato a quella che è considerata l’amante più povera di Casanova, una governante di Venezia, di nome appunto Tunina.
Ma sappiamo che Casanova nella sua Histoire de ma Vie, scrive di una relazione con una giovane donna al servizio del conte Luigi della Torre Valassina di cui fu ospite nel 1773, nel castello di Spessa, che si trova a poca distanza da dove Silvio farà nascere la sua seconda cantina.
Vintage Tunina diventa il marchio di riferimento aziendale e, a tutti gli effetti, apre il nuovo corso del brand Jermann, guadagnandosi premi e riconoscimenti dalle più prestigiose riviste e guide nazionali ed internazionali.
Nel 2003 la seconda innovazione: Silvio diventa il primo “svitato d’Italia”.
Da innovatore ma pragmatico, si domanda: “Cosa succede se rompo un altro tabù e sigillo con una capsula Stelvin una bottiglia del mio migliore vino?”.
Ed ecco che il tappo a vite rende Vintage Tunina e, successivamente, tutti i suoi vini, ancora più “svitati”, diventando testimone e messaggero di un altro grande cambiamento: sostenere e promuovere la scelta del tappo a vite nel mondo del vino italiano, contro la pseudo democrazia del tappo di sughero (agglomerati compresi), con i suoi obsoleti retaggi culturali.
La motivazione iniziale è far capire a tutti i consumatori, soprattutto a quelli che hanno meno dimestichezza con le dinamiche che stanno dietro (e dentro) una bottiglia, che il tappo a vite è un atto di rispetto per il vino, per chi ne fruisce e per la natura nel suo complesso (l’alluminio è riciclabile all’infinito), dando per scontato, visto il costo delle sue bottiglie, che non è un’azione per abbattere il costo di produzione.
L’obiettivo che sta dietro all’utilizzo del tappo a vite è il perfetto mantenimento di tutte le qualità (non solo organolettiche) del vino, faticosamente perseguite e valorizzate dalla sapienza del lavoro in vigna e cantina, nonché la possibilità di dimezzare i contenuti di solfiti nel vino con i 2 tipi di chiusura.
Silvio vince le resistenze del mercato volte a difendere il tappo tradizionale, tirando dritto nella strada intrapresa con l’obiettivo di comunicare che è ormai arrivato il momento di sgravarsi da impropri retaggi culturali che limitano le capacità del vino di elevarsi.
Il suo esempio è seguito da molti altri colleghi come Franz Haas, Graziano Pra, Mario Pojer, Walter Massa che costituiranno, nel 2023, il gruppo degli “Svitati”, cui si aggiungerà Sergio Germano, dell’Azienda Ettore Germano di Serralunga d’Alba, altro grande interprete del vino non a caso diventato di recente il nuovo presidente del Consorzio Barolo e Vini di Langa.
Silvio è anche un appassionato di numerologia e sceglie la data del 07/07/’07 per inaugurare la seconda cantina (e sede aziendale Jermann), a Ruttars, nel cuore di Dolegna del Collio (GO), circondata da oltre 20 ettari di vigneto, sotto le antiche mura del castello di Trussio e progettata per la vinificazione del Capo Martino e Vignatruss (le cui vigne sono a ridosso della cantina), del Where Dreams e del Vintage Tunina.
La cantina Jermann a Ruttars
Nel 2016, viene riconosciuto dai giornalisti delle più autorevoli testate internazionali il produttore più rappresentativo dei vini bianchi italiani nel mondo.
È il frutto di un processo iniziato quando era ancora un ragazzo, che continua ancora oggi grazie alla ricerca continua dell’eccellenza, alla cura della terra e alla sua innata “visione” innovativa.
Nel 2021 le storiche cantine Jermann, 200 ettari, di cui 160 adibiti a vigneto e 20 ettari a seminativi, entrano nel gruppo Antinori di Firenze.
Silvio mantiene una quota importante ma le nuove strategie aziendali vengono dettate dal nuovo socio: le bottiglie passano da poco più di un milione a un milione e seicentomila servendo anche una clientela che prima non aveva accesso alla produzione Jermann.
Sulla soglia dei settant’anni è pronto per la terza innovazione: fare una nuova cantina, con una nuova filosofia produttiva, in Slovenia: dal Collio al Brda, 8 chilometri di distanza da Ruttars.
Prende la strada che porta verso la linea di frontiera italo-slovena, attraversando le terre e le vigne che nel giro di poco più di cento anni sono passate due volte sotto la dominazione austriaca e due volte sono state riconquistate dall’Italia.
I cartelli che contrassegnano i vigneti hanno nomi che manifestano l’avvicendarsi delle due giurisdizioni: Polencic (Isidoro), Toros (Franco), Keber (Renato, Edi), Sturm (Denis, Oscar…), Branco (Igor), Kurtin (Eugenio)… .
La sua destinazione è Dobrovo-Goriska Brda: un paesaggio ondulato da uno spettacolo di vigne che prendono luce ed aria dal mare Adriatico, distante una ventina di chilometri in linea d’aria.
L’insegna della vigna posta su un blocco di ponca
Acquista una vigna (Visvik), esposta a Sud, sulle alture Goriskiane, dove il terreno è il caratteristico “flysch” o “ponca” (nel gergo dialettale), tipica del Friuli orientale, risalente al periodo eocenico e di origine marina, frutto di una lenta sedimentazione e costituito da marna friabile (argilla calcarea) che tende facilmente a sgretolarsi sotto l’azione degli agenti atmosferici (pioggia e calore).
Un suolo e un sottosuolo con una composizione geologica originata in seguito alle varie erosioni intervenute, ricco di magnesio, fosforo e potassio, adatto per produrre uve e, di conseguenza, vini con caratteristiche ideali per struttura e aromi.
Le viti sono circondate da una folta macchia boschiva che fa da barriera protettiva, filtrando le impurità che le improprie cure delle viti più a valle rilasciano nell’aria e rientrano perfettamente nel progetto che lui ha in mente e che parte proprio dalla delimitazione di un perfetto quadro ambientale in cui è importante anche la cornice.
Proprio davanti alla strada che porta alle vigne c’è un enorme bottiglia (borgognotta) in plexiglas (a suggellare il ricordo che di qui, nel 2022, è passato il Giro d’Italia), e Silvio la sta ristrutturando per portarla al suo aspetto originario.La vigna con la bottiglia sullo sfondo
Un posto magico, davanti al quale, chiudendo gli occhi e ascoltando, gli sembra di sentire ancora le voci e gli insegnamenti dei padri che da qui non sono mai andati via del tutto: “A volte qui in collina c’è una luce freschissima e tersa che a me pare di vedere, quasi come in una sovraimpressione, i miei antenati che camminano nei campi…”.
La nuova cantina viene inaugurata l’1/9/2023, esattamente a 100 anni dalla nascita di suo padre Angelo e si chiama Sylvmann in Cuèj, dove Cuèj sta per Collio, in friulano. Ma Silvio sostiene che “non è una vera e propria cantina ma un garage wine in cui i vini sono ottenuti artigianalmente, soprattutto la Rebula cui voglio dare maggior dignità”.
Le uve che arrivano qui, finiscono in 19 anfore da 600 lt., 7 da 300 lt. e 5 di piccole dimensioni, dell’azienda Sirio di Città della Pieve (PG), fatte a mano in ceramica microporosa, perfetta per vinificare e affinare il vino.
In una di queste anfore c’è il vino dedicato a suo padre: sull’etichetta Silvio ha scritto di suo pugno “ANGELO ZIVIJO”, cioè Angelo vive ed è l’unica che contiene i raspi.
In ognuna delle altre ci sono prove di vinificazione da uve bianche (Ribolla, Friulano, Malvasia Istriana) che poi diventeranno vini con i tempi da lui decisi: VISVIK,VISVIK che contiene un assemblaggio di diverse macerazioni, MIX PR’DOBU ex acciaio, VISVIK da uve appassite del 27/9/2023 macerato 65 giorni, REBULA.
In alcune anfore le prove di vinificazione sono fatte con uve rosse: VISVIK MERLOT 66%, CABERNET SVG 34%.
Pur provenendo da una famiglia di origini austro-slovene Silvio non parla nè austriaco né sloveno ma per questa ennesima rivoluzione ha voluto utilizzare le parole della sue radici.
Mentre i suoi nuovi vini stanno facendo confidenza col tempo, uno degli ingredienti più importanti assieme all’uva buona e al buonsenso, per ottenere risultati significativi, Silvio sta impiantando una nuova vigna sul punto più elevato delle colline del Goriska Brda, in località Svetta krasno, a circa 470- 480 mt. di altezza, completamente a sud.
Il nuovo impianto in fase di realizzazione a 470-480 mt. nel Goriska Brda
Più in alto ci sono solo boschi, perché finisce la ponca e incomincia l’arenaria (roccia sedimentaria), poco adatta per la vigna.
Una parte delle viti è già a dimora e il resto dell’impianto sarà terminato entro l’anno in corso.
Con questo nuovo progetto Silvio ha indicato una strada che molti vignaioli italiani non tarderanno a seguire.
Non resta che fare un brindisi ai nuovi successi di uno dei più grandi innovatori del vino non solo italiano.
Naturale Ribolla Fiore
Ci vuole una bolla, magari di Naturale Ribolla Fiore che, per adesso è ancora nell’anfora ma presto sarà in bottiglia.